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Alcune riflessioni a valle dell’evento che ha interessato la diga di Oroville (USA)

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Alcune riflessioni a valle dell’evento che ha interessato la diga di Oroville (USA)

A fronte di situazioni eccezionali dal punto di vista di fenomeni naturali estremi, proprio le dighe in tutto il mondo manifestano un livello di resilienza assolutamente eccezionale, se confrontato con altre importanti opere dell’ingegneria strutturale. Ciò non significa che si possa abbassare la guardia. Come insegna anche l’impegno italiano…

La diga di Oroville, costruita tra il 1961 e il 1968, è una grande opera di sbarramento di materiali sciolti alta 230 metri (la più alta degli USA) con un invaso di 4,4 miliardi di m3. La lunghezza del coronamento è di 1.600 metri, con un volume di materiale di 59 milioni di m3. La diga è dotata di uno sfioratore con paratoie (con una portata di 7.100 m3/s) e uno sfioratore di emergenza (a soglia libera) in calcestruzzo posizionato sulla sponda in destra orografica.

Dopo anni di siccità estrema, in California si è verificato un periodo di piene eccezionali (la precipitazione media annuale della zona è di circa 80 cm, ma a partire da ottobre l’area è stata colpita da oltre 64 cm di pioggia).

Il gestore è stato quindi obbligato ad aprire gli organi di scarico per rilasciare l’acqua in eccesso. Lo scivolo in calcestruzzo è stato eroso localmente a circa metà altezza per l’azione dell’acqua.



Per tale ragione, intorno al 5 febbraio il gestore ha ritenuto necessario ridurre la portata di scarico; in tal modo il livello dell’acqua nel serbatoio è salito fino ad interessare lo sfioratore di emergenza, posto in destra idraulica, che non era mai stato attivato prima. Lo scorrimento dell’acqua lungo lo sfioratore ha causato anche in tale zona un intenso fenomeno erosivo (zona evidenziata in giallo nella successiva immagine).


L’acqua, che ha sormontato lo sfioratore di emergenza in data 11 febbraio, ha determinato una intensa erosione del versante costituito da uno strato di terreno vegetale e da roccia superficiale di spessore e resistenza eterogenei (come si può osservare nelle successive tre immagini).



L’erosione regressiva (che risale da valle) si è avvicinata velocemente allo sfioratore di emergenza e già la sera del 11 febbraio è stata presa la decisione di evacuare la popolazione, considerando il rischio di un possibile crollo dello sfioratore di emergenza e della sponda in destra orografica, nel quale peraltro si è manifestato un principio di erosione, con il conseguente rischio di rilascio incontrollato d’acqua. Per contenere il processo erosivo sono state depositate decine di migliaia di metri cubi di materiale roccioso grazie all’impiego di elicotteri.

È il caso di osservare che la diga in sé non ha subito nessun danno.


CONSIDERAZIONI

Quali che siano le cause – antropiche o naturali – che stanno determinando una frequenza mai sperimentata prima di eventi estremi, è del tutto evidente la necessità di affrontare situazioni di emergenza che possono interessare importanti sistemi infrastrutturali quali le dighe. Il controllo del comportamento di queste importanti opere, per il rischio potenziale connesso alla loro presenza, è quindi fondamentale.

Occorre dire che a fronte di situazioni eccezionali dal punto di vista degli eventi naturali estremi (piogge intense e sismi, in particolare), le dighe in tutto il mondo manifestano un livello di resilienza assolutamente eccezionale se confrontato con altre importanti opere dell’ingegneria strutturale (ponti, edifici, eccetera).

Il caso della diga di Oroville – come d’altro canto ha dimostrato anche l’ottimo comportamento delle dighe italiane nel corso dei recenti fenomeni sismici che hanno colpito il Centro Italia nei mesi scorsi – sta attestando una sostanziale capacità dell’opera di far fronte ad eventi estremi. Ciò sia dal punto di vista degli interventi messi in atto sul piano della messa in sicurezza delle componenti che si sono dimostrate più vulnerabili, ovvero gli sfioratori a paratoie e a soglia fissa (le cosiddette opere accessorie), sia sul piano organizzativo con l’evacuazione in sole 48 ore di circa 188.000 persone dalle zone potenzialmente a rischio.

Ciò non significa che si possa abbassare la guardia. Al contrario, da questi eventi negativi si devono trarre gli opportuni insegnamenti per rendere sempre più efficaci i sistemi di controllo del comportamento delle opere (monitoraggio continuo) e, parallelamente, per migliorare la capacità di gestione delle possibili situazioni di crisi che si possono verificare (piani di emergenza).

Non da ultimo, va messo in evidenza il ruolo positivo svolto dalla presenza del serbatoio di Oroville nella mitigazione dell’evento di piena, grazie alla sua capacità di immagazzinare milioni di metri cubi d’acqua che altrimenti si sarebbero riversati in modo incontrollato nelle aree a valle.