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Comunicare i risultati della ricerca: perché, come e a chi

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Comunicare i risultati della ricerca: perché, come e a chi

Nuovi contesti storici, tecnologici e socioeconomici hanno cambiato approcci e destinatari.

Una conferma nel recente incontro COM 2015: Comunicare, Condividere e Trasferire l’Innovazione promosso da AXPO che ha visto anche la presenza di RSE.

Perché comunicare i risultati della ricerca? La domanda sembra per molti versi lapalissiana… In realtà la risposta non è affatto scontata, soprattutto se si aggiungono i termini come e a chi.
Una conferma si è avuta nel recente incontro COM 2015: Comunicare, Condividere e Trasferire l’Innovazione, che si è svolto a Milano lo scorso 27 ottobre. Promosso da AXPO, il dibattito ha coinvolto alcune delle più prestigiose realtà di settore tra le quali RSE, ENEA, il Consiglio Europeo Ricerca Nucleare (CERN) e l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). Tanti gli elementi emersi; senza alcuna pretesa di essere esaustivi ma solo con l’obiettivo di fornire qualche spunto di riflessione, ne indichiamo quattro.

Non è facile parlare a politici e decisori
“Dopo la caduta del Muro e il superamento delle logiche della Guerra Fredda – ha ricordato Paola Catapano (CERN) – nel settore della fisica i cervelli non erano più così strategici. Comunicare è diventata una esigenza ancora più forte, anche per poter continuare a mantenere un flusso adeguato di finanziamenti. Abbiamo dovuto ricalibrare le strategie e gli obiettivi della comunicazione, ma, soprattutto, abbiamo dovuto imparare a cambiare il nostro linguaggio, con l’esigenza di parlare anche a un politico o un decisore privo di ogni rudimento nel settore della fisica. Ovvero, con la preparazione equivalente a quella di un ragazzino di 13 anni…”.

Le eccellenze italiane queste sconosciute
Altro segnale interessante: il problema non sta nel cosa comunicare (il materiale non manca…) ma, appunto, nel come. “Come Paese, abbiamo tanti risultati di eccellenza – ha aggiunto Marco Casagni di ENEA – e abbiamo il dovere di farli conoscere al grande pubblico. Le nostre imprese italiane, ad esempio, stanno realizzando il 60 per cento del progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor, a livello mondiale il maggior progetto di ricerca in campo energetico). Eppure sono in pochi a saperlo e a raccontarlo”.

Pronti a cavalcare l’hashtag del momento
Anche per le realtà di ricerca più strutturate e avanzate, l’agenda della comunicazione spesso può essere poi dettata dall’esterno. Ovvero: la cronaca può rappresentare un momento di svolta nelle politiche di comunicazione anche per un grande ente di ricerca. “È vero – conferma Massimo Gallanti (RSE) – a volte si accorgono di noi solo in occasione di eventi esterni particolari. C’è un eclissi di sole? Si diffonde il timore di un blackout dovuto all’interruzione di generazione fotovoltaica? Occorre essere pronti a cogliere l’opportunità e a rispondere alle richieste che possono provenire anche da media generalisti, adottando il linguaggio più adatto a questo scopo”. “Dobbiamo saper cavalcare l’onda dell’hashtag più gettonato del momento”, ha confermato Paola Catapano.

Sui media lo spazio è sempre minimo
Ciò premesso, è pur vero che per i media generalisti la ricerca e l’innovazione valgono… uno zero virgola per cento! “Abbiamo effettuato una semplice analisi degli spazi destinati dai principali quotidiani italiani alla scienza e alla tecnologia – ha commentato Stefano Amoroso dell’IIT – misurati in termini di centimetri quadrati sul totale dell’ingombro di una pagina di testo. Risultato: 0,59 per cento”. Forse bisognerebbe partire da questo dato che è davvero significativo e a suo modo preoccupante: come fare crescere l’attenzione e l’interesse del lettore di tutti i giorni.