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Così il territorio prova a rispondere alla povertà energetica

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Così il territorio prova a rispondere alla povertà energetica

Si è svolto a Milano, a Palazzo Isimbardi, un importante incontro-convegno sul tema. L’iniziativa – promossa da RSE insieme al consorzio +Community – ha permesso di presentare progetti e strumenti concreti di intervento. Tutti concordi sul fatto che i soggetti in povertà energetica non vanno assolutamente considerati come destinatari passivi; occorre invece creare le condizioni per far uscire la persona dallo stato di disagio.

Lo povertà energetica è un concetto tanto facile da intuire quanto difficile da definire. È l’incapacità di acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici, con conseguenze sul benessere delle persone. Spesso si accompagna con altre forme di disagio non solo economico, difficoltà relazionali che rendono più difficile l’interazione con soggetti che possono aiutare a mitigarla, problemi di salute (le stesse spese sanitarie non sono viste come prioritarie).

Può inoltre rappresentare un fattore di rischio, per altro non circoscritto al soggetto interessato. Se una persona non ha la capacità economica per effettuare la manutenzione dell’impianto di riscaldamento, non avrà neanche i soldi per pagare eventuali multe. La sanzione non ha quindi alcun effetto e viene così meno la capacità di controllo degli enti preposti, con i problemi di sicurezza che ne possono derivare. L’esperienza della Caritas Ambrosiana ci dice, infatti, che ancora oggi si registrano incidenti mortali legati agli impianti di riscaldamento, e quasi sempre questi accadimenti avvengono in condizioni abitative disagiate.

Questo è solo un assaggio delle tante sfaccettature del problema che, non a caso, sempre più sta animando il dibattito in sede locale, nazionale e internazionale. Uno dei più recenti eventi che ha approfondito il tema è stato il convegno dal titolo Povertà energetica – Progetti e strumenti d’intervento, che si è svolto a Palazzo Isimbardi a Milano. L’iniziativa – promossa da RSE insieme al consorzio +Community – ha permesso di presentare progetti e strumenti concreti messi in campo sul territorio.

“Paradossalmente queste persone deboli – ha esordito Marco Borgarello (RSE) – rischiano di pagare più di altri i costi della decarbonizzazione. I soggetti in povertà energetica non vanno assolutamente considerati come destinatari passivi; occorre invece creare le condizioni per far uscire la persona dallo stato di povertà, valutando gli elementi di consumo che possono essere ridefiniti e gli sprechi da eliminare”. Una considerazione che conferma l’importanza dei progetti nati direttamente sul territorio e promossi da chi ha già un’ampia e diffusa conoscenza del tessuto locale e delle sue problematiche.

Di sicuro i bonus energetici (elettricità e gas) possono rappresentare una risposta efficace, ma certo non ottimale né risolutiva, come ha ammesso Roberto Malaman (ARERA). “Questi strumenti di mitigazione, finanziati dalle bollette con una incidenza media per famiglia di circa 1 euro/anno, hanno dimostrato di funzionare. Si è tuttavia evidenziato un problema di partecipazione, visto che i bonus hanno raggiunto un terzo dei potenziali beneficiari. Il bonus gas, poi, copre solo questa fonte e non altre commodity o modalità di riscaldamento. Infine, non agisce direttamente sul potenziale di mitigazione dei consumi”.

E la ricerca? “La ricerca deve uscire dalla torre d’avorio – ha commentato Romano Ambrogi (RSE) – per cercare di essere al passo con le reali esigenze dei soggetti più deboli. Deve poter spiegare che la razionalità nell’uso dell’energia fa parte della razionalità del vivere, non può essere vista come qualcosa di distaccato”.

I ricercatori RSE Simone Maggiore e Anna Realini hanno anche presentato alcuni risultati preliminari del progetto europeo ASSIST2gether. “Per portare avanti azioni pilota di mitigazione e contrasto bisogna conoscere il problema. Per questo il primo anno è stato dedicato alla raccolta minuziosa di informazioni su sussidi e misure finanziarie di supporto, oltre che delle buone pratiche messe in atto a livello locale, anche da privati. Le informazioni sono confluite in un database europeo, che è disponibile gratuitamente online”, ha spiegato Simone Maggiore.

Anna Realini ha poi illustrato le azioni pilota. “Abbiamo analizzato la situazione nei sei Paesi coinvolti nel progetto e, nonostante le difficoltà date da indicatori discordanti, siamo riusciti a estrarre dei requisiti minimi, che accomunano tutti gli utenti vulnerabili. Abbiamo poi formato, con un apposito corso, consulenti chiamati Tutor per l’Energia Domestica, una sorta di assistenti sociali dell’energia che aiutano ad analizzare i consumi e comprendere quali siano le modalità di riduzione e ottimizzazione degli stessi, tramite modifica delle abitudini, stipula di contratti di fornitura più vantaggiosi o accesso ai bonus”.