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Povertà energetica, alcune (doverose) considerazioni sull’ultima ricerca Open EXP

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Povertà energetica, alcune (doverose) considerazioni sull’ultima ricerca Open EXP

Il think tank parigino ha diffuso un nuovo approfondito studio sul fenomeno, stilando una classifica europea del problema. Molti gli spunti interessanti, ma fa discutere la posizione di retrovia dell’Italia. RSE – che ha collaborato alla diffusione del documento e che da molti anni è impegnata sul tema – offre al riguardo alcuni spunti di riflessione.

Open EXP (think tank con sede a Parigi, che lavora essenzialmente sulle questioni legate alla sostenibilità) ha lanciato in questi giorni una nuova ricerca che ha classificato – per la prima volta – il fenomeno della povertà energetica a livello europeo, tenendo conto di quattro indicatori-chiave: case umide e con significative perdite, alto costo dell’energia per gli utenti domestici, impossibilità di mantenere le abitazioni sufficientemente calde in inverno e fresche d’estate. RSE, che da anni si occupa di povertà energetica, ha collaborato al commento della prima bozza del report, alla traduzione dei principali risultati e alla diffusione in Italia di questo importante documento.

Tra i principali risultati della ricerca:

– la maggior parte dei Paesi dell’UE presenta livelli significativi di povertà energetica;

– la quota della spesa energetica delle famiglie è in aumento;

– esiste un divario tra l’Europa settentrionale-occidentale e quella meridionale-orientale;

– i fattori socioeconomici svolgono un ruolo più importante rispetto alle condizioni meteorologiche nei livelli elevati di povertà energetica;

– i Paesi con una forte regolamentazione edilizia e un PIL pro capite più elevato mostrano livelli inferiori di povertà energetica;

– la povertà energetica è un fenomeno sia invernale che estivo;

– I cambiamenti climatici aggraveranno la situazione: le ondate di freddo e di caldo stanno diventando sempre più frequenti ed estreme.

 “Questo studio rappresenta una novità sul tema – commenta Marco Borgarello, capogruppo Efficienza Energetica di RSE. – Certamente positivo è il fatto di aver valutato la condizione di vulnerabilità dell’individuo non in maniera statica e settoriale, ma a tutto tondo, in funzione delle aspettative di una qualità di vita accettabile, considerando anche la povertà della mobilità e il tema dell’inclusione sociale. E poi, l’analisi di prospettiva, che tiene conto delle possibili evoluzioni indotte dai cambiamenti climatici e quindi anche le esigenze di raffrescamento estivo”.

L’Italia non esce certo bene dalla classifica Open EXP per Paese, essendo al 19° posto su 28 per quanto riguarda la povertà energetica e al 22° per la mobilità.

“A tal proposito – commenta Borgarello – occorre fare alcune osservazioni. L’Italia si posiziona a livello intermedio per quanto riguarda gli indicatori oggettivi di povertà energetica domestica, mentre il suo punteggio si abbassa quando si valuta soggettivamente il numero di persone che fanno fatica a mantenere calda o fresca l’abitazione. Va anche considerata la presenza di un’alta percentuale di immobili costruiti prima del 1970 e, soprattutto, di edifici antichi e storici, con alta inefficienza energetica e numerosi vincoli paesaggistici e culturali, che rendono difficilmente attuabili lavori di efficientamento. Inoltre, la mancanza di accesso agli incentivi per la riqualificazione edilizia per gli utenti più vulnerabili, che non dispongono di un capitale iniziale”.

“Per quanto riguarda la mobilità è particolarmente basso il numero di persone che non possono permettersi l’accesso ai trasporti pubblici. Ma il nostro Paese è caratterizzato da una morfologia complessa (montagne, laghi pianure) e dalla frammentazione del territorio, dovuta anche alle sue peculiarità geografiche (con paesi e piccole città dislocati in territori anche difficilmente accessibili). Presenta quindi oggettive maggiori difficoltà nell’assicurare una mobilità collettiva regolare, frequente ed efficace”.

L’Italia, quindi, ha sia responsabilità dirette sia situazioni di cui non ha diretta responsabilità.

L’indice dovrebbe forse meglio normalizzare questi aspetti.