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Analisi di progetti di applicazione dei meccanismi di flessibilità introdotti dal protocollo di Kyoto: emissions trading, joint implementation e clean development mechanism

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Analisi di progetti di applicazione dei meccanismi di flessibilità introdotti dal protocollo di Kyoto: emissions trading, joint implementation e clean development mechanism

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:25 pm

Il protocollo di Kyoto del 1997 rappresenta una pietra miliare nella negoziazione internazionale sulle politiche globali per il controllo dei cambiamenti climatici, perché stabilisce un forte nesso fra le implicazioni ambientali e quelle economiche. Nel Protocollo, infatti, non solo si considerano i costi e benefici globali delle politiche e gli strumenti per raggiungere gli obiettivi di riduzione ai minori costi, ma anche prevale un approccio preventivo a fronte dei rimanenti margini di incertezza scientifica, individuando le responsabilità che i diversi Paesi e soggetti economici devono assumere. Rispetto dunque alla Convenzione Quadro di Rio de Janerio del 1992, in cui non venivano definiti impegni ne vincoli, il Protocollo di Kyoto fissa specifici obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni di gas serra ed introduce nuovi strumenti economici per conseguire tali obiettivi. Tali meccanismi sono definiti di “flessibilità” perché lasciano “flessibile” l’approccio e la strategia con cui conseguire i target di riduzione imposti, realizzando l’obiettivo di contenimento delle emissioni di gas serra, più velocemente ed efficacemente di quanto non avvenga applicando i tradizionali sistemi di “comando e controllo”. Gli strumenti individuati dal Protocollo di Kyoto sono tre: Emissions Trading, Joint Implementation e Clean Development Mechanism. L’Emissions Trading (ET) è concepito come scambio di diritti di emissione di gas serra da attuarsi fra Paesi dell’area OCSE e in transizione verso una economia di mercato (annex 1). Ciascun Paese in grado di ridurre le proprie emissioni al di sotto del livello fissato dall’impegno può vendere il quantitativo eccedente di riduzione (o una parte) ad un altro Paese, che può utilizzarlo per rispettare i propri obiettivi. Il Joint Implementation (JI) consiste nell’attuazione congiunta di obblighi individuali mediante progetti di cooperazione fra i Paesi annex 1. Infine, il Clean Development Mechanism, (CDM) si applica fra Paesi annex 1 e quelli in via di sviluppo (non annex 1), con progetti finalizzati ad assistere questi ultimi nel raggiungimento dello sviluppo sostenibile. La ratio economica che complessivamente li ispira è che, poiché il problema dei cambiamenti climatici ha carattere globale, il beneficio ambientale derivante dalla riduzione delle emissioni è indipendente dal luogo in cui viene portato a termine e, quindi, è economicamente più vantaggioso conseguirlo dove i costi sono minori. Di fatto essi rappresentano il miglior compromesso fra le esigenze ambientali e quelle economiche. I benefici ambientali sono assicurati dal fatto che i meccanismi definiscono a priori, attraverso una programmazione “trasparente” a medio lungo termine, l’entità degli obiettivi di riduzione delle emissioni da conseguire, attraverso l’assegnazione di target, assoluti o relativi, (Emissions Trading). Inoltre incentivano azioni addizionali di riduzione delle emissioni, ad esempio attraverso un maggior utilizzo delle fonti rinnovabili o un uso più efficiente dell’energia, da conseguire, sia nell’ambito del proprio territorio, che in quello di Paesi esterni ad economia avanzata o in via di sviluppo (JI, CDM).

I partecipanti che aderiscono ai meccanismi di flessibilità sottoscrivono, dunque, l’impegno e l’onere di conseguire i propri obiettivi, pena, nel caso di non conformità, di incorrere in sanzioni, spesso molto severe. I benefici economici derivano dall’impiego ottimale delle risorse e dalla diminuzione dei costi di abbattimento delle emissioni, potendo sfruttare gradienti di costo fra realtà produttive dello stesso Paese o di Paesi diversi. Specificatamente al caso dell’Emissions Trading, l’applicazione della flessibilità rappresenta un’alternativa alla politica della tassazione ed ha il grande vantaggio che può operare sulla base di accordi volontari, generando un mercato di compravendita ed un “segnale di prezzo”, in grado di stimolare ed incentivare azioni di riduzione delle emissioni, altrimenti destinate a fallire, non avendo un supporto economico in grado di sostenerle. La libertà di scelta dei metodi di riduzione consente, inoltre, di individuare, società per società, le soluzioni più specifiche e quindi economicamente più vantaggiose. La “globalità”, tuttavia, del problema dei cambiamenti climatici e tutte le implicazioni politiche ed economiche connesse, fanno si che, attualmente, sussistano ancora numerose incognite “tecniche” e, soprattutto, “politiche”, circa il ruolo e la funzione che i meccanismi di flessibilità debbano assumere nell’ambito delle politiche di riduzione delle emissioni (1-3) : se debbano essere “addizionali” a reali azioni di riduzione, agire, cioè, come un elemento addizionale di supporto alle politiche di riduzione, attraverso un possibile limite quantitativo agli scambi ammessi o, viceversa, se debba prevalere un atteggiamento “di mercato”, permettendo di essere sostitutive ed indipendenti alle azioni di riduzione. A dispetto dei grandi punti interrogativi che tuttora esistono, gli esempi americani di applicazione di Emissions Trading e l’insuccesso dei troppo costosi sistemi di “command and control”, inducono a credere che i meccanismi di flessibilità rappresentino una reale opportunità di sviluppo sostenibile e per questo, numerosi gruppi industriali coinvolti nelle azioni di riduzione delle emissioni ed enti governativi e non, istituzionalmente deputati alla salvaguardia dell’ambiente, sembrano convergere nell’interesse ad approfondirne lo studio, per acquisire sensibilità, esperienza e mettere a punto i necessari strumenti per essere operativi al momento della loro futura entrata in forza. In tal senso l’obiettivo del lavoro è quello di realizzare, nell’ambito del panorama internazionale, un overview sulle principali iniziative di studio e di applicazione dei meccanismi di flessibilità introdotti dal Protocollo di Kyoto. La finalità è quella di valutare i rischi e le opportunità che l’applicazione dei meccanismi di flessibilità potrebbe comportare, sia per le imprese, cogliendo opportunità di mercato, sia per le istituzioni che vedrebbero incentivate e realizzate azioni di riduzione delle emissioni di gas serra Il lavoro si è, dunque, articolato in due fasi, esaminando dapprima lo stato dell’arte in ambito internazionale, dello studio dei tre meccanismi di flessibilità introdotti dal Protocollo di Kyoto e successivamente, approfondendo in dettaglio i casi “pilota” più significativi e rappresentativi, effettuandone un’analisi dei benefici economici e ambientali. Relativamente alla parte iniziale, come primo criterio di ricerca si è deciso di considerare i principali attori interessati allo studio ed applicazione dei meccanismi di flessibilità e l’analisi condotta ha consentito di individuarne due grandi tipologie, spesso con numerosi elementi di collegamento fra loro: – società private, direttamente o indirettamente responsabili dell’emissione di gas serra, quindi soggette a possibili e futuri vincoli emissivi, che intravedono, nell’applicazione dei meccanismi di flessibilità, il miglior compromesso per far fronte ai propri impegni ambientali al minor costo possibile;

– centri di ricerca, fondazioni, enti governativi e non, associazioni ambientalistiche, istituzionalmente deputate all’approfondimento ed allo sviluppo di politiche di riduzione delle emissioni Per tutti i soggetti presi in esame, sono state individuate le principali azioni volte allo studio ed all’approfondimento dei meccanismi di flessibilità e sono state riportate, quando esistenti, le relative iniziative di sperimentazione e di applicazione. Nella seconda parte del lavoro sono stati illustrati alcuni esempi applicativi o progetti in corso di studio circa l’applicazione dei tre meccanismi di flessibilità. In particolare, sono presentati il quadro di riferimento entro cui collocare il progetto, la struttura ed i principali benefici, economici ed ambientali che ne derivano.

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