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Combustione catalitica del metano in turbine a gas: caratterizzazione chimico-fisica di catalizzatori innovativi e prove di shock termico

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Combustione catalitica del metano in turbine a gas: caratterizzazione chimico-fisica di catalizzatori innovativi e prove di shock termico

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 12:49 pm

La combustione catalitica del metano è considerata una tecnologia molto promettente per la generazione dell’energia elettrica perché, come conseguenza della temperatura relativamente bassa a cui si svolge il processo, ha le potenzialità sia di ridurre considerevolmente i livelli di emissione degli ossidi di azoto che di far diminuire i costi di gestione degli impianti. Va tuttavia ricordato che la sua maturità industriale è ancora condizionata dalla durabilità dei materiali catalitici. Vengono svolte alcune considerazioni di carattere generale sull’importanza della conoscenza del comportamento e delle caratteristiche chimiche e fisiche dei catalizzatori utilizzati nella combustione catalitica del metano per la produzione di energia elettrica con turbine a gas, tenendo presente l’esigenza di ottimizzare il consumo del combustibile, di assicurare una flessibilità adeguata degli impianti e di garantire una durata di vita del combustore catalitico tale da remunerare il capitale investito. Si ricorda che il catalizzatore rappresenta un sistema complesso dal momento che è generalmente costituito dal supporto, da uno strato intermedio, detto washcoat, e dalla specie cataliticamente attiva e che questa struttura risulta particolarmente sollecitata dai cicli di avviamento-spegnimento della macchina e soprattutto dalle fermate di emergenza, che danno origine a shock termici intensi in seguito all’arresto dell’erogazione del combustibile. I supporti metallici di leghe Fe-Cr-Al sembrano particolarmente indicati quando è necessario controllare in modo rigoroso la temperatura di lavoro della specie attiva e il combustore catalitico opera a temperature inferiori a 1350 °C. Viene inoltre precisato che la durabilità dei materiali catalitici dipende da svariati fattori, i più importanti dei quali sono: la sinterizzazione, la perdita di massa per vaporizzazione, la propensione a reagire chimicamente con l’ambiente di lavoro, l’erosione e la delaminazione. L’erosione, ad esempio, ha un ruolo prominente quando la miscela gassosa trasporta attraverso i canali del letto catalitico delle quantità ingenti di polveri. In tale contesto sono stati caratterizzati alcuni catalizzatori per la combustione del metano che sono stati forniti dal Politecnico di Milano nell’ambito di una collaborazione tecnico- scientifica con il Cesi. Per quanto riguarda le proprietà chimico-fisiche del palladio supportato su γ-Al 2 O 3 si fa notare che la mancanza di una visione univoca sui meccanismi che determinano la sua elevata attività catalitica per la combustione del metano è dovuta prevalentemente alla complessità dello svolgimento di questo processo e alla rapidità della trasformazione PdPdO → e di quella di riossidazione, che impongono di studiare in situ il comportamento del catalizzatore poiché l’analisi dei campioni eserciti non è in grado di stabilire in quale parte del ciclo di prova si siano verificati i cambiamenti di fase.

I risultati di alcune misure EXAFS e di osservazioni TEM sembrano infatti indicare che la specie attiva abbia la tendenza a disperdersi sul supporto durante la decomposizione di PdO. Esistono anche delle evidenze sperimentali che dimostrano che i cristalliti di PdO si rompono all’inizio del processo di riduzione. Il monitoraggio in situ della morfologia superficiale del palladio e del suo stato di ossidazione fornisce inoltre delle informazioni molto utili per determinare la velocità reale del processo di ossidazione del metano. Viene anche riportato che degli studi molto recenti hanno evidenziato la possibilità di abbassare la temperatura di ignizione, consentendo di eliminare il precombustore tradizionale a fiamma, modificando opportunamente il supporto di γ-Al 2 O 3 mediante l’aggiunta di NiO oppure di CeO 2 . La modifica appropriata del supporto ha anche effetti benefici sulla durabilità del sistema catalitico. Le misure XPS eseguite su campioni in polvere di allumina caricata con palladio e di allumina pura hanno permesso di stabilire che questo elemento si trova prevalentemente nello stato di ossidazione 2+ e che non interagisce con il supporto. Il risultato è stato confermato dai dati delle misure XRD sul catalizzatore a base di palladio poiché evidenziano solamente la fase PdO su un supporto di δ-Al 2 O 3 . Le osservazioni SEM con gli elettroni secondari e con un ingrandimento di ×1000 della superficie tal quale di due catalizzatori monolitici a base di palladio su un supporto di Fecralloy hanno consentito di stabilire che essi hanno la stessa microstruttura, anche se differiscono per la dimensione dei grani del washcoat. Si è inoltre cercato di evidenziare la distribuzione superficiale del palladio mediante immagine con elettroni retrodiffusi. La composizione chimica elementare ottenuta dai profili degli spettri EDS conferma che la superficie dei due catalizzatori contiene solamente palladio e allumina. La determinazione dell’area superficiale ha mostrato che il caricamento dell’allumina pura con palladio determina una riduzione consistente del suo valore, che passa da 163 a 123 m 2 g −1 , mentre la distribuzione della microporosità continua ad essere del tipo monomodale. I risultati delle prove di shock termico, effettuate fissando la potenza del laser a 30 W, modulando l’intensità del raggio, avente il diametro di 5 mm, alla frequenza di 200 Hz e adottando una velocità di salita dell’impulso di temperatura di 170 °Cs −1 , hanno mostrato che è possibile utilizzare questa tecnica per ottimizzare le procedure di preparazione dello slurry e per selezionare in modo appropriato la temperatura di calcinazione dei campioni dopo la deposizione del washcoat sul substrato metallico.

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