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Emissione di Gas-Serra da serbatoi idroelettrici. Relazione finale e Data-Set misure sperimentali

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Emissione di Gas-Serra da serbatoi idroelettrici. Relazione finale e Data-Set misure sperimentali

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:28 pm

Ricerche effettuate in alcuni paesi, principalmente Canada e Brasile, hanno dimostrato che l‘emissione di gas climalteranti da parte dei bacini idroelettrici è un fenomeno piuttosto consistente: alcuni ricercatori sostengono che, in termini di anidride carbonica emessa per unità di energia prodotta, il contributo idroelettrico all’effetto serra sia in alcuni casi addirittura superiore a quello del settore termo-elettrico. Bisogna sottolineare comunque che sull’argomento vi sono incertezze sia sperimentali, data l’esigua quantità di dati disponibili, sia concettuali, ovvero sulla metodologia di calcolo più appropriata che consenta di attribuire alla produzione idroelettrica la reale emissione di gas serra. Infatti mentre per la produzione termoelettrica, almeno a grandi linee, le quantità di gas-serra emesse sono facilmente computabili sulla base delle quantità di carburante utilizzato per la generazione elettrica, nel caso dei bacini idroelettrici il processo di calcolo è sicuramente più complesso, in quanto all’interfaccia di qualsiasi corpo d’acqua avvengono scambi di gas. Di conseguenza l’attribuzione delle quantità di gas generate nel settore idroelettrico deve necessariamente essere depurata dei flussi che avverrebbero naturalmente nelle stesse acque in assenza di sfruttamento a fini produttivi. I meccanismi che portano alla formazione e successiva emissione di gas nei bacini sono originati dalla degradazione della sostanza organica, sia di quella sommersa al momento dell’allagamento del bacino sia di quella generata all’interno del bacino stesso per attività fotosintetica. La degradazione della vegetazione sommersa al momento della formazione del bacino è un processo che diminuisce nel tempo fino ad esaurimento della scorta accumulata sul fondale. La degradazione della biomassa che si forma nella colonna d’acqua è invece un processo che, a meno di variazioni delle caratteristiche chimiche delle acque in ingresso, mantiene lo stesso rateo di degradazione nel tempo. Nel corso del 2001 è stata affrontata questa problematica anche sul territorio nazionale, per il quale non esiste alcuno studio al riguardo. Come sito di indagine è stato scelto il bacino di La Penna, formato dalla confluenza dell’Arno e del Canale Maestro della Chiana nell’Alta Valdarno in provincia di Arezzo. L’invaso, adibito ad uso plurimo, è stato realizzato nei primi anni ’50, per cui possiamo ritenere ragionevolmente ormai nullo l’apporto alle emissioni dovuto all’allagamento della vegetazione. Dato l’elevato carico di sostanza organica e di nutrienti introdotto dal Canale Maestro della Chiana, il bacino ha caratteristiche eutrofiche-ipertrofiche e nella stagione estiva, quando sono minime le precipitazioni ed è massimo l’irraggiamento solare, hanno luogo consistenti bloom algali. In queste condizioni nel bacino avviene una netta stratificazione chimica, con le acque epilimniche iperossigenate e l’ipolimnio in completa anossia, condizioni che dovrebbero favorire una degradazione anaerobica della biomassa con formazione di metano. Sono state effettuate cinque campagne di rilievo in maggio, giugno, luglio agosto ed ottobre, nelle quali in tre stazioni, rappresentative delle tre aree omogenee in cui è stato suddiviso il bacino, sono stati posizionati imbuti per la raccolta dei gas emessi (Ceradini, 2001). L’analisi dei campioni raccolti ha confermato la tendenza del bacino ad emettere nei mesi caldi significative quantità di metano. Di conseguenza, anche nell’ipotesi che la sintesi della biomassa sia un processo che assorbe anidride carbonica dall’atmosfera, poiché il bacino riemette il carbonio sotto forma di metano, che ha un GWP 21 volte superiore, il contributo futuro, previsto su un orizzonte temporale di 100 anni, al riscaldamento globale dovuto al bacino non è trascurabile.

Per una quantificazione delle emissioni, anche se nel corso del 2001 sono emerse indicazioni interessanti, si ritiene necessario ampliare il set di misure sperimentali almeno a tutto il 2002, per verificare tra l’altro quale sia l’entità della variabilità stagionale. Si ritiene inoltre indispensabile estendere le misure ad altri bacini per valutare la “variabilità” geografica del fenomeno.

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