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Indagine sulle barriere termiche suscettibili d’impiego nelle parti calde di turbine a gas ultraefficienti e pulite

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Indagine sulle barriere termiche suscettibili d’impiego nelle parti calde di turbine a gas ultraefficienti e pulite

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 12:47 pm

Le barriere termiche innovative per parti calde di turbine a gas in quanto questi rivestimenti ceramici rappresentano una soluzione attuabile nel breve e medio periodo per poter innalzare la temperatura dei gas d’ingresso in turbina e quindi migliorare il rendimento della macchina stessa. Tali risultati sono conseguibili senza dover modificare significativamente le caratteristiche dei materiali con i quali vengono realizzati i componenti sui quali esse vengono depositate. Per contro soluzioni alternative come quelle che prevedono l’uso di materiali ceramici compositi per la realizzazione di componenti quali pale rotoriche o statoriche di turbina non potranno essere adottate prima di una decina d’anni poiché la messa a punto delle tecnologie realizzative di questi componenti richiede ancora notevoli sforzi. Nel presente documento è fornito lo stato dell’arte relativamente alla composizione, alle tecniche di deposizione ed i fornitori di barriere termiche per parti calde di turbine a gas (camere di combustione, tronchi unione, ugelli e pale rotoriche) con particolare riferimento a quelle impiegate per la generazione di energia elettrica. In particolare le barriere termiche attualmente impiegate risultano essere tipicamente rivestimenti di ossido di zirconio parzialmente stabilizzato con ossido di ittrio (YPSZ) dello spessore di qualche centinaio di micron. La scelta della parziale stabilizzazione dell’ossido di zirconio con ossido di ittrio è determinata dalla possibilità di ottenere riporti costituiti dalla fase tetragonale che esibisce le migliori proprietà di resistenza termomeccanica. I rivestimenti sono realizzati con la tecnica Air Plasma Spray (APS) o in alcuni casi specifici con la tecnica dell’Electron Beam-Physical Vapour Deposition (EB-PVD). I principali vantaggi di quest’ultima tecnica di deposizione sono rappresentati dalla struttura colonnare del rivestimento che risulta così più resistente a sollecitazioni termomeccaniche di quanto non accada nel caso dei riporti realizzati con la tecnica APS che per contro esibiscono generalmente una conducibilità termica notevolmente inferiore a quella tipica dei riporti EB- PVD. Nell’ambito del progetto europeo PROTECT, al quale CESI partecipa, si sta mettendo a punto una metodologia alternativa di deposizione delle barriere termiche, basata su Chemical Vapour Deposition (CVD), in grado di produrre rivestimenti con struttura colonnare a costi concorrenziali rispetto a quelli per tipici della tecnica EB- PVD. Successivamente sono presentate anche le metodologie di caratterizzazione delle proprietà meccaniche, termofisiche, di resistenza al ciclaggio e shock termico delle barriere termiche unitamente alle tecniche per la valutazione dello stato d’integrità (con particolare riferimento agli scollamenti) delle stesse sia in fase di accettazione del componente che in fase di controllo in esercizio. In tale ambito la resistenza a ciclaggio e shock termico dei rivestimenti è effettuata tipicamente mediante esposizione del riporti ad una fiamma ossiacetilenica e a getti di aria fredda, altre possibilità prevedono l’impiego forni convenzionali o di sorgenti laser per il riscaldamento rapido e localizzato e raffreddamento in acqua.

La determinazione delle proprietà termofisiche è effettuata tipicamente mediante metodologie fototermiche sia su riporti sia depositati sul materiale base che su riporti staccati del substrato metallico. Poiché una delle principali cause di rottura dei rivestimenti durante l’esercizio è imputabile all’instaurarsi di stati tensionali residui all’interfaccia tra il riporto ceramico e il bondcoat metallico sono stati presi in considerazione con un certo dettaglio anche le metodologie per la misura delle tensioni residue con particolare riferimento ai metodi diffrattometrici e meccanici. A questo particolare proposito è stato verificato che l’instaurarsi di uno stato tensionale residuo compressionale è la causa di distacco dei riporti ceramici dal substrato e ciò è imputabile sostanzialmente alla progressiva ossidazione del bondcoat durante l’esercizio con la conseguente formazione di una scaglia di allumina la cui crescita genera appunto altera il campo tensionale residuo. Un altro fenomeno limitante la vita di queste barriere termiche è legato alle trasformazioni della fase metastabile tetragonale dell’ossido di zirconio che può avvenire a seguito di una prolungata esposizione del materiale a temperature intorno a 1200°C o a causa dell’impiego di polveri con percentuali troppo elevate di fase monoclina. Nel caso poi si consideri l’esposizione di questi rivestimenti in ambienti aggressivi chimicamente è stato osservato che i solfati ed in particolare i vanadati svolgono una funzione di destabilizzante del materiale nel senso che l’ossido d’ittrio viene facilmente attaccato e asportato dal riporto di ossido di zirconio. Partendo dall’analisi di queste principali cause di danneggiamento limitanti la vita delle barriere termiche sono analizzate e discusse le soluzioni alternative più promettenti. In particolare la sigillatura o l’infiltrazione di rivestimenti realizzati con materiali e tecniche convenzionali precedentemente descritte dovrebbe consentire di migliorare la resistenza a fenomeni di ossidazione all’interfaccia con il bondcoat e, a seconda dei casi, rallentare l’attacco degli agenti chimici più dannosi. La scelta di polveri realizzate con particolari tecnologie o i riporti di tipo graduato sono altre alternative attualmente allo studio per aumentare la vita di questi componenti. Per quanto riguarda in particolare gli aspetti legati alla corrosione sono analizzate scelte alternative di stabilizzante per l’ossido di zirconio che risultino meno aggredibili da solfati e vanadati. A parità di materiale impiegato per la realizzazione di rivestimenti ceramici, sono allo studio metodologie alternative che consentano di ottenere rivestimenti APS con proprietà intermedie tra quelle tipiche dei rivestimenti APS ed EB-PVD. In particolare si mira ad ottenere una struttura segmentata che conferisca al rivestimento una maggiore resistenza termomeccanica senza alterare significativamente le proprietà termofisiche tipiche dei riporti APS. Una tale soluzione potrebbe avere tra l’altro anche il vantaggio di risultare economicamente competitiva se confrontata con i rivestimenti EB-PVD. Un’ultima soluzione è rappresentata da materiali alternativi quali gli zirconati di lantanio o di bario che per le loro caratteristiche possono essere eserciti a temperature notevolmente superiori a quelle tipiche delle YPSZ senza incorrere in transizioni di fasi né subire processi significativi di sinterizzazione, consentendo così un significativo incremento del rendimento delle turbine a gas.

Pur con le difficoltà di reperimento sul mercato di barriere termiche innovative è formulata un’ipotesi di attività sperimentale, indicativamente biennale, finalizzata al confronto tra le diverse soluzioni alternative nell’ottica di selezionare il rivestimento che a parità di prestazioni di vita consenta di aumentare la temperatura dei gas d’ingresso in turbina.

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