Cerca nel sito per parola chiave

rapporti - Deliverable

Le politiche per l’ambiente urbano e rurale in Europa e in Italia

rapporti - Deliverable

Le politiche per l’ambiente urbano e rurale in Europa e in Italia

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:18 pm

“La questione ambientale si pone oggi nei termini di come affrontare la transizione verso una società sostenibile (Manzini 1995) 1 , transizione che sembra inevitabilmente connessa ad un cambiamento in senso ecologico dell’attuale modello di sviluppo. Ma il concetto di città sostenibile e il suo quasi sinonimo di città ecologica deve indicare il “rispetto” per la natura, i suoi cicli, le sue specie, dove però “rispettare” deve assumere il significato di sentirsi partecipi della stessa storia, delle stesse origini, parti diverse e parimenti necessarie di uno stesso sistema. Per realizzare il proprio benessere, l’uomo ha creato un sistema artificiale (sono i sistemi tecnologici, sociali, culturali, economici) che, nel tempo, si è organizzato nella forma della città moderna: centro di creatività sociale e politica (la polis greca), di socializzazione delle esperienze individuali (la città-fabbrica), di convivialità (piazze, edifici pubblici). Ha utilizzato la tecnologia per migliorare le proprie condizioni materiali di vita: riscaldarsi, spostarsi, comunicare, produrre oggetti. Ma in questa sua corsa ha finito col confondere i mezzi con i fini: l’economia ha sostituito i valori sociali, la tecnica è stata sostituita dall’ideologia tecnologica, cioè dall’idea che si possa fare tutto, che tutto sia producibile, manipolabile, sostituibile. Così facendo, egli ha spinto sempre più avanti i "limiti" imposti dalle leggi che regolano la stabilità della biosfera, ma anche quelli che regolano i principi della convivenza con altri della sua stessa specie e con le specie diverse della natura; ha finito col trattare come oggetto il suo stesso simile. Gli inviti ad "innovare in senso ecologico" sono ormai innumerevoli e coinvolgono i campi più disparati dell’agire umano, dall’economia (Ecological Economics) al mondo della produzione (Eco-prodotti, Agricoltura biologica o ecologica) fino all’urbanistica (INU, 1995). Ma che significato vogliamo attribuire a questi inviti? Dobbiamo correre a colmare la nostra ignoranza in materia di "leggi della natura" o piuttosto dobbiamo fermarci a meditare sul nostro atteggiamento nei confronti della natura o ancora dobbiamo preoccuparci di ricostruire la relazione ecologica che lega mente, società e ambiente? Probabilmente queste tre vie sono tutte a loro modo feconde e sono destinate ad integrarsi reciprocamente nella definizione di un futuro sostenibile per le nostre città. Lungi dal ripiegarsi sulla natura quale si immagina fosse ieri, compete all’ecologia di reinventare nuove maniere di stare nel mondo e nuove forme di socialità. L’ecologia sarà in primo luogo mentale e sociale o non sarà nulla, o comunque poco (Guattari, 1991) 2 . Per il filosofo Felix Guattari, l’ecologia diviene così punto di partenza per la definizione di una "ecosofia", una sapienza dell’oikos in cui si trovino riuniti i tre principali "registri ecologici": ambiente naturale, rapporti sociali e soggettività umana. 1 E. Manzini, La transizione verso la sostenibilità come processo di apprendimento e come ecologia delle culture, in Pluriverso, n.1 dic 1995, p.98. 2 Guattari F. (1989), Les trois écologies; Ed. Galilée, Paris, trad. it. Le tre ecologie, Ed. Sonda, Torino, 1991

Ognuno di questi tre registri ecologici è chiamato a partecipare alla costruzione di nuovi territori esistenziali, individuali e di gruppo, attraverso processi di "onticizzazione" che si oppongano all’immenso vuoto di soggettività, alla omologazione e alla serializzazione degli stili di vita, che caratterizza il mondo contemporaneo. Purtroppo, è ormai evidente che allo sviluppo tecnico-scientifico non corrisponde necessariamente un progresso in campo sociale e culturale; al contrario, lo stesso sviluppo tecnico-scientifico sembra essere all’origine del degrado irreversibile dei tradizionali operatori di regolazione sociale. La città ecologica non può essere solo la città del rispetto dei cicli naturali, della salvaguardia dell’ambiente, della riduzione del consumo di suolo, del verde, ma deve soprattutto essere la città della convivenza (con la specie umana e con la natura), della produzione di socialità, della costruzione sociale dell’individuo, perché la solidarietà è "la forza dello stare insieme sulla quale si articola anche la differenza, la vera differenza, la irriducibilità della singolarità di ciascuno di noi, che è quello che è, e nessuno può farlo altrimenti" (Barcellona, 1994) 3 . E la città, da sempre, è il luogo delle differenze: differenze di forme e di architetture, differenze di luoghi, differenze di razze e d’individui. Oggi siamo chiamati a pronunciarci sui razzismi e sulle intolleranze urbane, sui "diversi" che popolano le nostre città. Eppure l’insegnamento che ci viene dall’evoluzione e dalla biologia (dove non è vero che sopravvive sempre il più "adatto") è che la complessità, la diversità biologica conferiscono stabilità al sistema, lo rendono più capace di adattamenti: la biodiversità è il petrolio del futuro. Nell’ecologia naturale soddisfare i propri bisogni continuando a bruciare combustibili fossili significa impattare contro i limiti dell’ecosistema naturale, ovvero modificarne (attraverso l’emissione di CO 2 ) i parametri della sua stabilità, da cui dipendono le condizioni di sopravvivenza della specie umana e di molte altre specie. Ma gli stessi bisogni possono essere soddisfatti utilizzando fonti energetiche alternative e non distruttive, inventate dalla genialità creativa dell’uomo. Nell’ecologia artificiale (che attiene la sfera del sociale, della cultura, dell’economia) i limiti possono essere ampliati a dismisura organizzando il cambiamento dei valori, l’uso corretto del territorio, ristabilendo le condizioni di vivibilità nelle città, creando cultura e civiltà, aprendo nuovi universi di possibilità attraverso quella che viene chiamata l’ecologia delle idee. Ecologia naturale ed ecologia sociale non sono scindibili: il limite fisico imposto alla produzione di CO 2 è al tempo stesso un limite dettato dai sottosistemi economici, sociali e culturali. Sviluppare una cultura del limite significa cambiare i modi e le prospettive della produzione economica. E’ sintomo di schizofrenia ecologica quello che sta accadendo oggi nella ricostruzione della città di Berlino dove, accanto ad un progetto che prevede la realizzazione di circa due milioni di metri quadri di uffici l’anno, da costruire nell’area risultata libera dall’abbattimento del "muro", convive un altro (e separato) progetto "ecologico" che si propone di salvaguardare i cicli naturali dell’acqua, del verde, dell’inquinamento acustico“ 4 . I concetti appena espressi, tratti da uno scritto di Enzo Scandurra e Silvia Macchi, sulla città ecologica, sottolineano l’importanza di un approccio globale all’insieme delle componenti del vivere, che non sono, quindi, solo quelle ambientali, ma anche di tipo sociale e psicologico. 3 Barcellona P.(1994), "Critica della ragion tecnica. La pericolosa favola dello sviluppo sostenibile", in Capitalismo, Natura, Socialismo, anno quarto, n°2, maggio-agosto, pp.72/86. 4 Enzo Scandurra e Silvia Macchi, La città ecologica, in Ph.D., n.1/96, 56-62

Se gli aspetti di tipo sociale e psicologico non trovano le competenze per essere affrontate in questo lavoro, si è cercato ,invece, per quanto riguarda il contesto ambientale, di costruire il quadro delle politiche europee, ma anche nazionali o regionali, e dei maggiori progetti attualmente in corso per l’ambiente in generale ed in particolare per gli ambiti territoriali, in cui esso si articola. Ambiente urbano, ambiente agricolo e ambiente naturale, sono tre ambiti, che, benché fortemente interrelati, sono spesso trattati in modo distinto, con politiche e azioni specifiche e mirate, ma anche attori spesso molto diversi, che difficilmente trovano un tavolo di discussione e pianificazione comune. In questo contesto, il tentativo di costruire un quadro d’insieme delle politiche e dei progetti è apparso importante, da un lato per dare una fotografia delle diverse azioni previste e per valutare se queste abbiano o meno una matrice comune; dall’altro per conoscere quali siano gli strumenti disponibili, a livello europeo e non solo, per le azioni d’intervento sul territorio, in vista di una sostenibilità del vivere, che possano essere non solo settoriali, ma anche trasversali all’ambiente urbano, agricolo e naturale. In particolare, nel presente lavoro ci si è occupati unicamente dell’ambiente urbano e di quello agricolo, rimandando ad una fase successiva l’approfondimento dell’ambiente naturale. Questo anche perché è sicuramente l’ambiente antropizzato, quale è quello urbano e quello agricolo, che vive i principali conflitti ambientali e territoriali e le maggiori trasformazioni, che si ripercuotono direttamente sulla qualità della vita dell’uomo stesso, che in questo contesto principalmente vive e lavora. A parere di chi scrive, l’ambiente agricolo è quello che più degli altri meriterebbe di essere approfondito e valutato con attenzione, perché troppo spesso viene trattato come “non città” e “non natura”, una sorta di terra di nessuno, in attesa di essere urbanizzata o rinaturalizzata, oppure trattata come un “bel paesaggio” da tutelare e conservare. Troppo spesso, però, nelle sedi in cui si parla di ambiente agricolo non vengono coinvolti in modo adeguato gli agricoltori, che nel corso dei secoli hanno costruito quell’ambiente, nel modo di volta in volta più funzionale alle loro esigenze di vita. Da ultimo si è sommariamente riportato l’iter che sta avendo la Convenzione Europea sul paesaggio, seguito da alcune considerazioni sul rapporto tra il paesaggio e l’ambiente antropizzato, nelle due accezioni di città e campagna.

Progetti

Commenti