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Metodologie per la determinazione della tossicità in acque superficiali

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Metodologie per la determinazione della tossicità in acque superficiali

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:18 pm

Le attività descritte in questa relazione sono state mirate alla determinazione degli effetti di sostanze tossiche, potenzialmente rilasciate da impianti termoelettrici, sulle biocenosi dei corpi idrici recettori. Le ricerche sviluppate nel corso del 2000 hanno riguardato esclusivamente studi e determinazioni di laboratorio che consentono di stabilire la tossicità potenziale dei reflui rilasciati e sarà quindi necessario prevedere per il proseguo di questo tipo di ricerche indagini in campo per la verifica degli effetti reali sulle biocenosi. Con l’obiettivo di evidenziare la presenza di sostanze pericolose nelle acque di raffreddamento di impianti termoelettrici dovute all’aggiunta di biocidi per la pulizia delle condotte, minacciate normalmente dalla formazione di grosse incrostazione dovute al biofouling, è stato sviluppato un sensore biologico e ne sono state testate le prestazioni. E’ stato utilizzato come organismo sensibile, individuato in seguito ad un’attenta analisi bibliografica, il mollusco bivalve Unio pictorum, della famiglia delle Unionidae, abbondantemente presente nei sedimenti fangosi del fiume Po e quindi adatto al monitoraggio di acque dolci in generale. Il mollusco, che ha una vita media di circa 20 anni, presenta diversi movimenti delle valve in funzione delle condizioni ambientali e del suo stato fisiologico. Le valve infatti oltre alla regolare apertura e chiusura durante lo strisciamento e l’infossamento nei sedimenti, manifestano anche improvvise chiusure, prolungate nel tempo in caso di presenza di sostanze tossiche per il loro organismo. La registrazione del movimento valvare è stata ottenuta attraverso l’applicazione alle valve delle Unio pictorum di sensori estensimetrici, studiati ad hoc per minimizzare il disturbo ai movimenti naturali degli organismi utilizzati sperimentalmente. Ogni trasduttore estensimetrico è stato collegato ad una centralina di acquisizione dati, che registra in continuo ogni movimento delle valve e memorizza, con cadenza oraria, il numero di aperture/chiusure di ogni singola Unio, l’apertura media oraria e l’ampiezza media oraria delle aperture/chiusure. Presso la Stazione di La Casella, sono state allestiti una serie di acquari, alimentati da acqua di Po, contenenti alcuni molluschi strumentati. E’ stato condotto dapprima uno studio di base per verificare la variazione di comportamento in funzione della temperatura (le prove sono state effettuate nel range 5°C-25°C, che è il range di variabilità tipico di corpi idrici superficiali). Sono quindi state eseguite una serie di prove per la verifica della capacità di risposta delle Unio all’ipoclorito. Per mezzo di una pompa peristaltica, ad uno degli acquari è stato aggiunto cloro, la cui concentrazione è stata registrata in continuo mediante un sistema in flusso collegato al sistema di scarico. La valutazione complessiva delle prove della capacità del bivalve Unio pictorum di segnalare la presenza di ipoclorito in un flusso idrico, è sicuramente positiva. Infatti dalle prove effettuate si osserva che l’organismo dà una risposta rilevabile per concentrazioni sufficientemente basse (si rilevano concentrazioni molto inferiori a quelle fissate dai limiti di legge per gli scarichi, ovvero 100 ppb) da consentire l’impiego di questo “sensore biologico” per applicazioni ambientali. E’ stata quindi valutata la capacità del sensore biologico di rilevare la presenza di rame. E’ stato applicato un protocollo sperimentale del tutto analogo a quello seguito per la sperimentazione con l’ipoclorito. La sensibilità delle Unio per il rame è risultata nettamente inferiore alla loro sensibilità per l’ipoclorito, ma si ritiene necessario proseguire l’attività perché il rame potrebbe avere un meccanismo d’azione più lento ed è quindi rilevabile con sperimentazioni di maggior durata.

Una particolare attenzione è stata quindi dedicata alla messa a punto ed applicazione di test ecotossicologici, di fitotossicità e di mutagenesi. Il CESI ha partecipato attivamente ad un gruppo di intercalibrazione, coordinato dall’Istituto Italiano di Idrobiologia del CNR (III-CNR), che opera attivamente per la definizione a livello nazionale di protocolli sperimentali per l’esecuzione di test di tossicità che utilizzano come bersaglio specie vegetali. La validazione dei metodi relativi a questi tipi di test è piuttosto difficoltosa, in quanto il materiale sottoposto all’analisi è di tipo biologico, soggetto quindi a una variabilità intrinseca che dà luogo a margini di incertezza. I risultati indicano nel complesso valori contenuti dei coefficienti di variabilità per tutte le specie testate. I risultati complessivi, elaborati dal Dr. Baudo (III-CNR) secondo vari modelli di calcolo, verranno discussi nel corso del 4° Workshop in programma nel mese di dicembre. L’incontro in tale sede si pone l’obiettivo di elaborare un protocollo definitivo da utilizzare per i test di fitotossicità con Lepidium sativum (crescione inglese) e Cucumis sativum (cetriolo) e verificare l’applicabilità e l’affidabilità del metodo con le altre specie finora testate. La mutagenesi ambientale studia i meccanismi molecolari e biochimici di insorgenza di mutazioni prodotte, a livello del DNA, da agenti chimici o fisici esterni all’organismo in esame e le conseguenze da essi derivanti. Attraverso lo studio degli effetti provocati dall’immissione e dalla diffusione nell’ambiente di sostanze chimiche estranee è possibile identificare e valutare i fattori di rischio, nel caso specifico mediante test di mutagenesi a breve termine. Essi vengono condotti su cellule isolate o su organismi superiori esposti al campione per brevi periodi di tempo, al termine dei quali viene valutata la produzione di un danno a carico del materiale genetico. Gli strumenti analitici attualmente utilizzati nel mondo scientifico per la valutazione della genotossicità sono i test di mutagenesi, in grado di rivelare danno indotto a diversi livelli di complessità strutturale del patrimonio genetico dell’organismo esposto. Nel corso del 2000 è stato acquisita la strumentazione e il know-how necessario per l’applicazione del test Mutatox, il più diffuso a livello mondiale. Il Mutatox è uno strumento che consente di effettuare test di mutagenesi mediante un mutante naturale del microorganismo Vibrio fischeri, M169, che non emette luminescenza. L’agente mutageno, o genotossico, eventualmente presente nel campione, favorisce la reversione, alla condizione di luminescenza, che viene valutata attraverso una lettura fotometrica. Questo tipo di analisi consente di rivelare la presenza di agenti in grado sia di indurre mutazioni puntiformi a livello del DNA, per sostituzioni (transversioni e transizioni) o per inserzioni e delezioni (frameshift), sia di inibire la sintesi del DNA stesso. In termini di applicazione pratica di test ecotossicologici, sono stati monitorati con cadenza mensile gli l’ingresso e l’uscita delle vasche ITAR di due centrali termoelettriche, una rappresentativa di impianto fluviale, l’altra raffreddata con acque marine attraverso l’applicazione del test Microtox . L’ingresso degli impianti ITAR di entrambe le centrali è risultato tossico nella maggior parte dei casi; per quanto riguarda invece i dati relativi all’uscita della centrale fluviale, non è mai stata riscontrata una tossicità significativa, mentre è stata rilevata in diversi casi biostimolazionei. All’uscita dell’impianto della centrale marina è stata rilevata tossicità in un solo caso, probabilmente dovuta ad un’errata correzione del pH da parte dei gestori dell’impianto. Infine è stato testato un nuovo tipo di campionatori passivi per metalli (Diffusive Gradient in Thin-films, DGT), che consentono la determinazione della frazione biodisponibili in corpi idrici. Offrono il vantaggio di permettere la determinazioni medie su periodi di tempo dell’ordine medio-lungo (settimane-mese), mentre i metodi classici forniscono informazioni di tipo istantaneo, poco significative da un punto di vista statistico. I risultati ottenuti in

una simulazione di impiego in acque fluviali sono molto promettenti. E’ in corso di valutazione la possibilità di impiego degli stessi campionatori per la determinazione di metalli pesanti anche interreni contaminati e sedimenti

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