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Monitoraggio sull’evoluzione dei lavori intergovernativi sui cambiamenti climatici. Aggiornamento al marzo 2001

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Monitoraggio sull’evoluzione dei lavori intergovernativi sui cambiamenti climatici. Aggiornamento al marzo 2001

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:27 pm

Dopo due settimane di intensi lavori si è concluso all’Aia, nel mese di novembre 2000, la sesta Conferenza delle Parti (COP6) sulla negoziazione internazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra che avrebbe dovuto, secondo le aspettative della vigilia, sancire e rendere operativo il Protocollo di Kyoto. In realtà, secondo le stesse parole di Jan Pronk, chairman della Conferenza e Ministro dell’Ambiente olandese, paese ospitante “..it is extremely disappointing that political leaders were unable to work it out here and finalize guidelines for reducing greenhouse gas emissions, especially when the public had such expectations..”, la Conferenza non ha trovato elementi di accordo sui punti critici del programma di Kyoto, già affrontati e non risolti nel COP5 di Buenos Aires. In particolare si è venuta a creare una forte frattura fra la posizione degli Stati Uniti e quella dell’Unione Europea, divisioni che si erano già delineate da tempo nel corso delle precedenti negoziazioni. La posizione americana è riassumibile in una serie di punti: • gli americani riconoscono grande importanza ai meccanismi di flessibilità sulla base del principio di globalità dell’effetto serra e, quindi, del fatto che il beneficio ambientale derivante dalla riduzione delle emissioni è indipendente dal luogo in cui viene portato a termine ed è , allora, più conveniente farlo dove costa meno; • è necessaria una partecipazione più estesa ed effettiva dei PVS sulla base del loro crescente ruolo nell’economia e nel contributo nelle emissioni di gas serra; • ridurre il ricorso ad eccessi di regolazione e favorire i meccanismi di mercato; • dare maggior ruolo ai carbon sink, riconoscendo, quindi l’importanza della politica di forestazione americana con la quale gli USA ritengono di poter coprire gran parte dei loro impegni di riduzione delle emissioni. La posizione dell’Unione Europea, invece, può essere riassunta nei seguenti punti: • priorità ai programmi ed alle misure nazionali per la riduzione delle emissioni; • l’attuazione di tali misure deve essere sottoposta ad una verifica internazionale ed a un meccanismo di “compliance” con eventuali penalizzazioni economiche per i non conformi; • l’uso dei meccanismi di flessibilità deve esser sottoposto a limiti quantitativi e regole specifiche; • la riduzione delle emissioni strettamente legata alla riduzione dei consumi da combustibili fossili deve essere assicurata da standard e norme comuni a tutti i paesi industrializzati; • i “carbon sink” forestali devono essere considerati complementari alle misure interne di riduzione delle emissioni; • i carbon sink non dovrebbero essere utilizzati in investimenti internazionali e meccanismi di scambio con i PVS come prevede lo schema americano. Dunque i grandi problemi, quali il sistema di Emissions Trading internazionale, il Clean Development Mechanism, il ruolo dei “pozzi di carbonio”, come strumenti di conteggio per la riduzione delle emissioni, non sono stati risolti in tempo utile, e si è preferito sospendere la negoziazione rimandando ad un successivo tavolo di trattative il raggiungimento di un possibile accordo, secondo le dichiarazioni di Klaus Topfer, Executive Director del UN Environment Programme “it is better to suspend the talks and resume later to ensure that we find the right path forward rather than take a hasty step that moves us in the wrong direction”. Sebbene, dunque, alcuni passi avanti siano stati fatti per contribuire alla riduzione su scala globale dei problemi dei cambiamenti climatici, nella direzione del trasferimento di supporti finanziari e tecnologici in favore dei paesi in via di

sviluppo, come indicato nella Decision 1/CP.6, riportato in appendice, le grandi decisioni sono rimandate ad un prossimo incontro. Non resta, dunque, che confidare nelle parole di Michael Zammir Cutajar, Executive Secretary of the Convention, “.. Global warming is one the great challenges of the 21 st century, and I trust that public reaction to our meeting here will inspire governments with the necessary sense of urgency to succeed at the next opportunity”.

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