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Possibilità di utilizzazione di terreni acquiferi per impianti a pompe di calore – Programma per la realizzazione di un impianto sperimentale e per l’effettuazione di una campagna di misura pluristagionale

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Possibilità di utilizzazione di terreni acquiferi per impianti a pompe di calore – Programma per la realizzazione di un impianto sperimentale e per l’effettuazione di una campagna di misura pluristagionale

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 12:40 pm

L’attività rientra nella Ricerca di Sistema ELTEC/ELCITER/CLIMAMB e riguarda le possibilità di sfruttamento del terreno, in particolare di terreno con presenza di acqua in scorrimento, come risorsa energetica in impianti a pompa di calore per il riscaldamento e il condizionamento degli edifici. L’analisi svolta dal CESI in una precedente fase di lavoro della stessa Ricerca di Sistema (rapporti CESI SFR-A0/043243 [1] e CESI SFR-A1/018182 [2]), ha permesso di evidenziare e di quantificare le grandi potenzialità di sfruttamento termico diretto della falda in un’area densamente abitata del territorio regionale (bassa Pianura Padana) con impianti a pompa di calore (PdC) per la climatizzazione degli edifici. Alcune difficoltà che ostacolano la diffusione di questa applicazione (ad esempio la necessità di disporre di un sito ove scaricare l’acqua dopo l’utilizzo, l’incertezza dei tempi per ottenere le necessarie autorizzazioni) hanno portato ad esplorare altre forme, sia sperimentali che consolidate, di sfruttamento energetico del sottosuolo ai fini della climatizzazione degli edifici. È stata in ogni caso mantenuta una particolare attenzione alle possibilità di sfruttamento di terreni con presenza di acquifero. Sono quindi stati affrontati, in uno studio preliminare 1 , gli aspetti tecnologici inerenti lo sfruttamento a fini energetici del terreno, lo stato dell’arte delle applicazioni diffuse su scala internazionale e le motivazioni per una diffusione delle applicazioni ritenute più idonee nel contesto nazionale. Le PdC che sfruttano il terreno o l’acqua contenuta in esso come mezzo di accumulo o di prelievo di energia termica, che verranno denominate Ground Source Heat Pump (GSHP), rappresentano un sistema alternativo a quelli di tipo convenzionale di riscaldamento (a combustibile) e/o raffreddamento (refrigeratori elettrici ad aria) di ambienti o di masse fluide in generale. Questi sistemi sfruttano la stabilità termica e la capacità di accumulare o restituire calore da parte del terreno e delle masse di acqua contenute in esso. Le applicazioni più comuni possono interessare sia complessi residenziali e commerciali che impianti di tipo industriale. In molti casi l’adozione delle PdC consente di ottenere importanti risparmi energetici riducendo significativamente i costi sostenuti dal consumo di combustibile fossile o di energia elettrica (refrigeratori convenzionali). Tra le diverse modalità con le quali può avvenire lo scambio termico tra impianto di climatizzazione e terreno (o le acque sotterranee), nello studio vengono esaminate in particolare quelle costituite da un sistema di tubazioni (scambiatore) nelle quali circola un fluido che assorbe e cede calore dal/al terreno, denominate GCHP (Ground Coupled Heat Pump). 1 Lo Studio è stato svolto per conto del CESI, dalla SITA LCD – Società Italiana di Tecnologie Avanzate LCD Srl; responsabile del contratto: Prof. Ing. Giovanni Riva.

Sviluppati nel corso degli anni ‘70, i sistemi GCHP sono caratterizzati dall’eliminazione dei problemi associati con la qualità e la disponibilità dell’acqua. Inoltre, richiedono normalmente, rispetto agli altri sistemi geotermici, meno energia per il pompaggio del fluido termovettore e possono essere installati, almeno in linea di principio, in qualsiasi area in cui è possibile scavare o perforare il terreno. In generale, i potenziali vantaggi sono quindi i seguenti: • sensibile risparmio di energia primaria • minori emissioni di gas serra • maggiore sicurezza degli impianti 2 , qualora fosse evitabile l’integrazione con sistemi convenzionali a combustione. Il flusso di calore trasferito tra lo scambiatore dei sistemi GCHP e il suolo è definito soprattutto dalla conducibilità termica di quest’ultimo e dalla presenza di acqua in scorrimento. La conoscenza di questi parametri è determinante in fase di dimensionamento e/o progettazione dei sistemi, in quanto permette di determinare la lunghezza delle tubazioni ai fini dell’ottenimento di un’adeguata potenza termica con valori del COP soddisfacenti. Nello studio vengono esposti dati caratteristici delle diverse tipologie di terreno, dei fluidi termovettori impiegati o impiegabili nel processo di trasferimento del calore; vengono illustrati anche alcuni modelli di calcolo riportati in letteratura, che possono essere impiegati per la determinazione del comportamento dello scambiatore interrato. Vengono esposti infine possibili criteri di dimensionamento dello scambiatore, in relazione alle esigenze termiche dell’utenza. I sistemi GCHP, si avvicinano all’applicabilità delle PdC aria – aria (o acqua) sotto il profilo delle prestazioni energetiche, che possono risultare sensibilmente superiori (soprattutto in fase di riscaldamento). I sistemi GCHP possono risultare interessanti anche nei confronti dei sistemi ad utilizzo diretto dell’acqua del sottosuolo, la cui applicabilità può risultare di difficile valutazione per una lunga serie di fattori (distanza delle utenze dagli specchi d’acqua, profondità delle falde, smaltimento dell’acqua all’uscita dell’evaporatore ecc.). Infine, i sistemi GCHP massimizzano le loro prestazioni in presenza di acquiferi caratterizzati da una certa velocità di spostamento. L’interesse dello studio è infatti motivato dalla disponibilità di acquiferi a profondità non elevate, caratteristica della Pianura Padana, con speciale riferimento alla regione Lombardia (velocità stimata tra 0.4 e 4 m/h in relazione alla località). È stata inoltre sviluppata una sintetica analisi degli aspetti normativi (con riferimento alla Provincia di Milano), in quanto l’utilizzazione energetica del terreno e degli acquiferi trova ancora delle difficoltà sul piano normativo non essendo ancora in essere dei provvedimenti specifici che ne favoriscano l’applicazione. Viene quindi stimata la quota di parco edilizio nazionale potenzialmente interessata alla applicazione di questi sistemi, con particolare riferimento all’area del Nord Italia, ai nuovi fabbricati e al recupero 2 Ciò grazie alla eliminazione dei serbatoi di stoccaggio dei combustibili liquidi e soprattutto delle tubazioni di gas.

edilizio nel settore residenziale di dimensioni medio-piccole (ritenuti in fase preliminare più idonei di altri, per motivi di limitata intensità energetica della tecnologia analizzata e di disponibilità di spazio per lo scavo; l’esame non è stato effettuato sulla base di specifiche analisi tecnico-economiche). Per quanto riguarda le sole nuove costruzioni, alla applicazione di questi sistemi potrebbe essere teoricamente interessata una volumetria di abitazioni pari a circa 38 milioni di m 3 /anno. A titolo di esempio, in termini di energia primaria, ad ogni punto in percentuale di applicazione di questi impianti sui nuovi fabbricati, corrisponderebbe un risparmio pari a circa 500 tep/anno per il solo riscaldamento invernale 3 . Viene infine esposto un quadro di esempi applicativi a livello internazionale sui sistemi GCHP, mentre per la situazione nazionale si riscontra una forte carenza di applicazioni e di iniziative sperimentali. Il numero di impianti per uso residenziale varia da paese a paese ma è comunque da ritenere ancora molto piccola su scala generale; tuttavia, si osserva la crescita costante della diffusione di questi sistemi. In Svizzera, a esempio, circa un quarto delle nuove abitazioni mono o bifamiliari è servita da un impianto GSHP (tra i quali sono in forte espansione i sistemi a “sonda termica”). Le notizie relative alla applicazione e alla sperimentazione di sistemi GCHP nel territorio nazionale sono molto scarse. La loro diffusione, comunque, risulta presumibilmente ostacolata da una serie di fattori, quali: • scarsa conoscenza della tecnologia e delle relative prestazioni da parte dei progettisti e installatori di impianti termici; • elevati costi degli impianti, soprattutto quelli relativi agli scavi/perforazioni; • normativa inesistente per il caso specifico, con la conseguenza che le procedure per ottenere le autorizzazioni, potrebbero doversi rapportare alle procedure non certo agevoli, richieste per lo scavo di pozzi per l’estrazione di acqua. In questo quadro appare quindi opportuno procedere a sperimentazioni che possano mettere in evidenza, sul piano dimostrativo: • le problematiche impiantistiche, • le problematiche normative (anche al fine di favorire una forte semplificazione delle procedure da parte degli Enti preposti), • le reali prestazioni energetiche dei sistemi GCHP in relazione al regime termico del terreno, • l’effetto indotto sull’eventuale acquifero, in modo da poter stimare il relativo impatto ambientale. A seguito dello studio preliminare, nel rapporto viene quindi illustrato il progetto di un impianto sperimentale di piccola taglia, del tipo GCHP, che il CESI intende realizzare presso la propria sede. 3 Considerando un consumo medio per riscaldamento pari a circa 40 kWh/m 3 anno, un rendimento di combustione stagionale dell’80%, COP stagionale = 3, rendimento centrale elettrica = 39% (ipotesi cui corrisponde un risparmio di energia primaria da GCHP rispetto a sistemi a combustibile fossile pari a circa il 30%).

L’impianto si basa sulla realizzazione di uno scambiatore di calore di tipo verticale collocato in terreno con acqua di falda in scorrimento; lo scambiatore è percorso da acqua non trattata ed è collegato ad una pompa di calore acqua-acqua che alimenta un’utenza termica costituita da un prefabbricato di piccole dimensioni (circa 60 m 2 ) con sistema di distribuzione interno a ventilconvettori. Verrà impiegata una pompa di calore convenzionale (non innovativa), del tipo acqua-acqua, di potenzialità termica e frigorifera sufficiente a far fronte all’utenza termica allacciata (circa 4 kW). Le condizioni di esercizio sul lato utenza saranno tipiche di sistemi di distribuzione a ventilconvettori (temperatura di mandata dell’acqua 45 °C in riscaldamento, temperatura di mandata di 7 °C in condizionamento). Nel corso del 2002 si prevede la progettazione, la realizzazione e la posa nel terreno dello scambiatore di calore; lo scambiatore verrà progettato in modo da sfruttare al meglio lo scambio termico con il terreno nella zona interessata alla presenza dell’acquifero . L’impianto verrà fatto funzionare nella stagione estiva e nell’inverno 2002 (sino al 31 dicembre) allo scopo valutare, nel breve e nel lungo periodo: – la capacità effettiva dello scambio termico tra terreno e pompa di calore, – l’alterazione indotta al regime termico del sottosuolo, nelle immediate vicinanze dello scambiatore interrato, – l’efficienza energetica della macchina in riscaldamento invernale ed in condizionamento estivo. A tal fine, l’impianto verrà attrezzato con un sistema di monitoraggio per il rilevamento in continuo dei principali parametri di impianto (portate e temperature dell’acqua nei due circuiti principali, assorbimenti elettrici dei componenti principali), della temperatura del terreno nelle immediate vicinanze dello scambiatore di calore, della temperatura all’interno del prefabbricato, e, infine, dei principali dati climatici. Tra gli obiettivi dell’attività sperimentale non viene quindi posto quello della convenienza economica dell’installazione, subordinata, in questa fase alla esigenza di uno sfruttamento energetico ottimizzato del sottosuolo. Nel corso del 2001, sono state acquisite le apparecchiature di impianto e del sistema di monitoraggio, per le quali erano noti con sufficiente certezza i dimensionamenti ed i requisiti tecnici necessari agli scopi del progetto.

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