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Prove di resistenza a corrosione ad alte temperature in ambiente tipico delle TG alimentate a gas di sintesi

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Prove di resistenza a corrosione ad alte temperature in ambiente tipico delle TG alimentate a gas di sintesi

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 12:07 pm

La problematica del maggior degrado indotto sulle parti calde delle turbine a gas alimentate da gas di sintesi rispetto a quelle alimentate a gas naturale, è stata già affrontata durante l’anno precedente nel rapporto di RdS 06007776. In questo rapporto viene trattata la tematica dell’esecuzione delle prove sperimentali rappresentative delle condizioni delle TG alimentate a gas di sintesi e si riportano dati ottenuti in prove di corrosione ad alta temperatura relativi al comportamento dei vari tipi di materiali e rivestimenti in tali ambienti. Inizialmente si descrive la panoramica delle attività in corso a livello internazionale per la caratterizzazione di materiali e rivestimenti in queste condizioni. Un esempio interessante sono le attività in corso nel COST 538, che comprende anche lo studio della resistenza dei rivestimenti per parti calde di TG in ambienti aggressivi, presenti nella TG a seguito dell’uso di combustibili diversi dal gas naturale. In tale ambito vengono studiati sia gli ambienti di prova più rappresentativi delle condizioni d’impianto, sia la riduzione delle prestazioni dei rivestimenti con barriera termica in tali condizioni. Oltre al ben noto ruolo nocivo dello S si sta evidenziando infatti anche l’azione deleteria dei silicati di calcio, magnesio e alluminio (CMAS), in particolare sulle barriere termiche. In questo campo sono oggi molto attive numerose università americane, finanziate anche dalle compagnie aeronautiche, come si è potuto constatare durante la settimana di convegno Thermal barrier II, svoltosi ad IRSEE nell’agosto 2007. E’ stata poi esaminata la disponibilità di dati di resistenza dei materiali in letteratura. Sono state individuate la tipologia di prova e la strumentazione necessaria, oltre agli ambienti di prova rappresentativi dei vari tipi di syngas. Sono risultati fondamentali in particolare il ruolo del contenuto di sali a base K e Na, quello del contenuto di S e di HCl oltre che dell’umidità. Va anche tenuta presente la possibile influenza negativa della presenza di particolato, per il caso in cui si effettui la purificazione del gas di sintesi a caldo; in questa tipologia di impianto si creano condizioni di erosione/corrosione a caldo, per lo studio delle quali sono in genere utilizzati strumenti di laboratorio simili al burner rig. Vengono infine descritti i risultati di una campagna di prove sperimentali svolta su due gruppi di campioni cilindrici aventi due diversi tipi di barriera termica, ma con lo stesso bond coat, il classico AMDRY 995: • Superlega monocristallina CMSX4 con barriera termica EBPVD; • Superlega equiassica IN738LC con barriera termica APS e bond coat ottenuto per termospuzzatura HVOF. Essi sono stati esposti per 500h a 700°C in aria con 300vpm di SO 2 , dopo averli cosparsi di una miscela di sali contaminanti 80/20 (Na/K) 2 SO 4 , a diverse concentrazioni (corrispondenti a flussi in impianto di 0.5,1.5, 5µg/cm2/hr rispettivamente). L’analisi dei campioni esposti ha consentito di individuare i meccanismi di degrado che accelerano la fine della vita delle barriere termiche in presenza di un ambiente aggressivo, ricco di specie contaminanti. Queste specie che sono normalmente assenti nel gas naturale, sono presenti nei gas di sintesi in quantità variabili, ma significative. In particolare sono risultati disastrosi gli effetti della presenza di S (che può essere contenuto in tenori significativi nel caso del gas di sintesi da carbone) sulla durabilità delle barriere termiche colonnari, la cui adesione al bond coat si abbassa enormemente in presenza di tale elemento: il distacco è stato osservato sui campioni esposti già dopo sole 500h a 700°C con 300vpm di SO 2 . Si è inoltre evidenziato che risulta particolarmente rapida l’accelerazione della penetrazione dell’attacco corrosivo nel bond coat delle barriere APS per la presenza dello zolfo proveniente dal carbone e di elementi quali il K e il Na, la cui presenza può essere significativa, soprattutto se l’impianto è vicino al mare. Nel caso della barriera APS è risultata critica non tanto l’adesione all’interfaccia, quanto la degenerazione chimica della zirconia-ittria, accompagnata da fenomeni di microcriccatura e sgretolamento. Sviluppo ulteriore dell’attività potrebbe essere in futuro lo studio dei modelli esistenti in grado di descrivere quantitativamente l’attacco corrosivo, al fine di un inserimento della componente corrosiva del degrado all’interno del software di previsione di vita dei rivestimenti per le parti calde delle TG, sviluppato

nell’ambito del Progetto RdS “Affidabilità dei cicli combinati” (contenente ad oggi modelli di danno relativi ad ossidazione e ciclaggio termico soltanto).

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