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rapporti - Deliverable

Sviluppo di una metodologia per la diagnosi di reattività alcali-silice degli aggregati per calcestruzzo e prove a lungo termine.

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Sviluppo di una metodologia per la diagnosi di reattività alcali-silice degli aggregati per calcestruzzo e prove a lungo termine.

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:24 pm

L’invecchiamento delle dighe murarie in Italia, la cui età media è ormai superiore a 50 anni, associato alla scarsa qualità dei calcestruzzi messi in opera agli inizi del XX secolo, fanno sì che le problematiche di degrado e di ripristino e adeguamento delle strutture esistenti siano di estrema attualità. Tra i fenomeni di degrado delle dighe in calcestruzzo, quello della reazione alcali-aggregato è molto più diffuso di quanto non si poteva pensare qualche anno fa. I rigonfiamenti del calcestruzzo e l’insorgere di stati fessurativi che si accompagnano alla reazione sono lenti, ma già dopo qualche decina d’anni possono essere in grado di compromettere l’operatività delle opere (ad esempio mal funzionamento od addirittura blocco del movimento delle paratoie) e creare dei problemi al comportamento statico delle strutture stesse. Inoltre il reperimento di aggregati di buona qualità per il confezionamento di calcestruzzi durevoli sta divenendo sempre più problematico, sicché si sta sempre più ricorrendo, anche per ragioni economiche ed ambientali, all’impiego di aggregati di minore qualità, con conseguenti seri rischi di degrado delle nuove strutture di calcestruzzo e di insuccesso per gli interventi di ripristino che comportino l’impiego di nuovo calcestruzzo. Gli aggregati suscettibili di manifestare una reazione alcali-silice (A-S) nel calcestruzzo rientrano, certamente, tra gli aggregati di minore qualità. Per poter utilizzare siffatti aggregati nelle formulazioni di calcestruzzo, è quindi necessario progettare le formulazioni in modo da poter prevenire o, quantomeno, limitare lo sviluppo dell’espansione deleteria associata alla reazione A-S. Tenendo presente che questa reazione scaturisce, in primo luogo, dal rilascio degli alcali del cemento, si è ritenuto che un criterio appropriato potesse essere quello di limitare il livello di concentrazione degli alcali del calcestruzzo, riducendo il contenuto di cemento e/o utilizzando un cemento Portland a basso tenore di alcali (< 0,60% come equivalenti di Na2O (Na2Oeq)). Un altro criterio è stato quello di utilizzare appropriate miscele di cemento Portland ed aggiunta minerale attiva (pozzolana, cenere leggera da polverino di carbone, loppa granulata d’alto forno, fumo di silice condensato), purché l’efficacia di queste miscele nella prevenzione della reazione A-S fosse comprovata con adeguati test di espansione a lungo termine. Tuttavia, queste due misure preventive potrebbero rivelarsi non sempre efficaci, particolarmente se il calcestruzzo è esposto ad una fonte esterna di alcali (ad es., ambienti marini, sali antigelo), oppure il rilascio di alcali da parte dell’aggregato è considerevole, o ancora le condizioni di esposizione delle strutture sono tali da portare ad una migrazione e concentrazione di alcali all’interno del calcestruzzo, in conseguenza di gradienti di umidità, cicli di gelo e disgelo, cicli di bagnamento ed essiccamento, correnti elettriche. Proprio in base a queste considerazioni, gli Organismi di normazione di vari Paesi si stanno orientando verso l’adozione di misure preventive che si differenzino in relazione al grado di reattività degli aggregati, alle condizioni di esposizione ambientale del calcestruzzo e alla durata prevista della sua vita in servizio. Non è comunque possibile definire a priori un livello “di sicurezza” degli alcali nel calcestruzzo che valga per tutti

gli aggregati e per tutte le situazioni ambientali. I valori finora proposti in vari paesi, variabili tra 1,8 e 4,5 kg Na2Oeq/m3, potrebbero rivelarsi eccessivamente conservativi per taluni aggregati e decisamente insufficienti per altri, come pure risultare, per uno stesso aggregato, sufficienti in talune strutture ed insufficienti in talaltre. In base a precedenti esperienze, un approccio più rigoroso alla classificazione della reattività agli alcali degli aggregati silicei/silicatici e alla progettazione delle formulazioni di calcestruzzo incorporanti siffatti aggregati non può prescindere dalla conoscenza del loro Livello di Soglia degli Alcali, LSA, definito come la concentrazione minima di alcali del calcestruzzo, in termini di kg Na2Oeq/m3, che è in grado di promuovere l’espansività deleteria di uno specifico aggregato. Sulla base di esperienze acquisite su aggregati potenzialmente reattivi, esenti da effetto “pessimum” (aggregati PR), è stata altresì sviluppata una metodologia di indagine per siffatti aggregati che è incentrata proprio sulla valutazione del loro livello di soglia degli alcali, LSA, mediante un metodo di prova di espansione ultraccelerato su provini di calcestruzzo immersi in soluzioni alcaline a 150°C o attraverso la prova di espansione in calcestruzzo a 38°C e 100% U.R. opportunamente modificata. Tuttavia, in ragione del limitato numero di aggregati inizialmente esaminati, si è deciso di condurre ulteriori ricerche su una più ampia varietà di aggregati silicei/silicatici, prendendo in considerazione altri aggregati naturali di origine italiana, nonché diverse formulazioni di aggregati artificiali a base di quarzo fuso come componente reattivo (aggregati con potenziale comportamento di Pessimum o PRP). Ciò ha consentito di: 1. confermare che, allo stato attuale, il parametro di reattività più appropriato per la diagnosi di reattività agli alcali degli aggregati silicei/silicatici da impiegare nei calcestruzzi è il livello di soglia degli alcali (LSA), su cui deve pertanto far perno per ogni metodologia di indagine 2. verificare l’attendibilità della prova ultra-accelerata di espansione dei provini di calcestruzzo in soluzioni alcaline a 150°C come metodo rapido di valutazione del livello di soglia degli alcali degli aggregati silicei/silicatici; 3. verificare l’idoneità della prova ultra-accelerata anche per la caratterizzazione del comportamento degli aggregati potenzialmente reattivi ad effetto “pessimum” (aggregati PRP) come quelli artificiali a base di quarzo fuso; 4. verificare l’attendibilità della metodologia di indagine proposta sviluppare soluzioni alternative od integrative della stessa metodologia di indagine, sfruttando anche le informazioni sulla reattività A-S degli aggregati che possono derivare da apposite prove dirette sugli aggregati stessi, quali quelle basate sulla spettroscopia all’infrarosso (IR) oppure da particolari elaborazioni dei risultati di prove standard di espansione, come quelle in malte immerse in soluzione di NaOH 1 M a 80°C (prova ASTM C1260).

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