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Valutazione dei fenomeni di degrado di rivestimenti di turbine a gas in impianti IGCC

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Valutazione dei fenomeni di degrado di rivestimenti di turbine a gas in impianti IGCC

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:38 pm

Con l’obiettivo di utilizzare turbine più efficienti in impianti IGCC (Integrated Gasification Combined Cycle), una tra le più promettenti tecnologie di generazione che prevedono la cattura della CO2 prima della combustione, risulta di fondamentale importanza studiare l’effetto di composti potenzialmente corrosivi e del vapor acqueo sulle parti calde delle turbine di nuova generazione. Inoltre, a causa di possibili mal funzionamenti di uno o più sistemi di trattamento del gas di sintesi, è possibile che all’interno del combustibile si trovino in quantità più o meno significative, inquinanti che possono dar luogo a fenomeni corrosivi e/o erosivi delle parti calde. Le tecniche più utilizzate per studiare i meccanismi di degrado dei rivestimenti e dei materiali base impiegati nelle parti calde delle turbine a gas, sono le prove di ossidazione ciclica e le prove di corrosione ad alta temperatura in forno o mediante l’impiego di generatori di gas caldi (burner rig) contenenti inquinanti in quantità ben stabilita. La disponibilità di tecniche non distruttive per la quantificazione dello stato di degrado dei componenti di turbina, unitamente all’impiego di codici per la stima della vita residua costituiscono elementi essenziali per una gestione ottimizzata della macchina. In quest’ottica, nel corso del periodo di riferimento sono state ultimate le modifiche al sistema di ossidazione ciclica e all’impianto burner rig già in dotazione a RSE. Inoltre al fine di valutare l’effetto del diverso contenuto di vapor acqueo nei fumi di una turbina a gas sui materiali e rivestimenti delle parti calde di una turbina a gas di un impianto IGCC, sono state avviate prove comparative di ossidazione ciclica in forno e di ossidazione/corrosione in burner rig su campioni di TBC impiegati nelle turbine delle ultime generazioni. Le prime prove di laboratorio in aria hanno mostrato come la barriera termica porosa standard resista più a lungo rispetto a quella segmentata verticalmente. Le misure termografiche effettuate nel corso delle prove e il confronto con le analisi distruttive effettuate a fine prova confermano la validità del metodo termografico per la stima dello stato di danneggiamento dei rivestimenti. Le modifiche apportate al sistema di termoregolazione dell’impianto Burner Rig hanno consentito di ottenere una buona stabilità delle temperature dei campioni; inoltre è stato messo a punto un sistema di iniezione di una miscela acqua ed erosivo solido per effettuare prove in condizioni assimilabili a quelle di un impianto IGCC in termini di vapor acqueo e erosivo presenti nei fumi. È stato adottato un modello bi-dimensionale per l’inversione dei dati di diffusività termica che ha consentito di meglio stimare l’entità della frazione dell’interfaccia criccata tra TBC e substrato, in particolare nella fase iniziale del processo quando le cricche sono piccole e poco rappresentabili da un modello unidimensionale. Con l’introduzione di un parametro di merito che svincola l’operatore dalla scelta arbitraria dello spessore della cricca, è stato possibile confrontare campioni con storie termiche diverse; tale parametro potrebbe essere utilizzato per previsioni di vita su campioni per i quali sono disponibili dati raccolti nella fase iniziale della vita degli stessi. Per svincolarsi dalla necessità di conoscere tempo e temperatura l’unica soluzione percorribile sembra essere quella di ricorrere a informazioni ottenibili mediante altre tecniche non distruttive quali la diffrazione dei raggi X, la spettroscopia Raman e le correnti indotte a scansione di frequenza. Sono state valutare le potenzialità della spettroscopia Raman per la quantificazione del degrado delle TBC a seguito della presenza di depositi solidi sulla superficie delle TBC, ed è stato possibile correlare la morfologia della TBC con la concentrazione di isole di fase monoclina, prodotte dall’attacco chimico. La stessa spettroscopia Raman applicata a campioni sottoposti a ossidazione ciclica ha evidenziato la presenza di fase monoclina in fase di formazione delle cricche. È stata eseguita una campagna di misure con la tecnica non distruttiva piezospettroscopia di fotoluminescenza (PLPS) su campioni di TBC colonnare realizzati con la tecnica EB-PVD e sottoposti a prove di ossidazione ciclica. L’ottimizzazione del software di gestione e dell’interfaccia utente del sistema PLPS messo a punto da RSE e modificato di recente consente l’esecuzione rapida ed affidabile delle misure, con risultati riproducibili anche al variare dell’operatore e della tipologia di campione. Il confronto dei risultati PLPS con le analisi metallografiche su campioni di prove interrotte ha mostrato un notevole accordo tra il livello di danneggiamento dell’interfaccia e la riduzione del livello di compressione residua dell’ossido alla base della barriera termica.

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