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Valutazione del potenziale nazionale offerto dalle biomasse per la produzione di energia elettrica

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Valutazione del potenziale nazionale offerto dalle biomasse per la produzione di energia elettrica

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 01:43 pm

Le biomasse vengono oggi considerate una delle fonti di energia rinnovabile più promettenti per l’Italia, sia in termini di contributo energetico per il Paese, sia in termini di ricadute socio – economiche sul territorio interessato dal loro sfruttamento. Lo studio qui riportato imposta l’analisi del potenziale nazionale offerto dalle biomasse e l’individuazione dei possibili binomi “soggetti potenzialmente interessati” – “tecnologie commercialmente mature” dai quali possono scaturire iniziative concrete per la trasformazione dell’energia chimica delle biomasse medesime in energia elettrica. Si tratta, comunque, di un inquadramento propedeutico ad un’analisi più ampia e approfondita che ci si propone di far seguire nell’ambito del Piano delle Ricerche per il Sistema Elettrico italiano. Con il termine biomassa si intende, come noto, ogni sostanza organica prodotta da processi biologici. Oggetto di questo studio sono principalmente i biocombustibili solidi, secondo l’accezione recentemente adottata presso la Commissione Europea al Comitato Europeo di Normazione – CEN per la standardizzazione dei materiali residuali destinati a fini energetici. Più in particolare si considerano: • prodotti e residui vegetali dell’agricoltura e della silvicoltura; • residui vegetali dell’industria agro alimentare; • residui di legno e sughero eccetto: – residui di legno che a seguito di un trattamento possano contenere metalli pesanti o composti alogenati organici; – residui di legno provenienti da costruzioni o demolizioni Non viene invece valutato in modo specifico il potenziale apporto di eventuali coltivazioni energetiche ed anche di rifiuti industriali con prevalente contenuto di sostanze di origine vegetale (es.: legno trattato, imballaggi ecc.). La raccolta di dati sulle disponibilità di biomasse, prima parte dello studio, ha messo in evidenza come il quadro bibliografico italiano fornisca una base di informazioni non sempre coerenti, soprattutto per quel che riguarda la definizione delle quantità di biomassa effettivamente utilizzabili. Per sopperire a questa lacuna nello studio è stata condotta un’apposita analisi, cercando di includere tutti gli aspetti ritenuti più critici. E’ risultato evidente la necessità di impostare valutazioni nazionali più sistematiche, basate su dati effettivamente rilevati o almeno verificati nelle situazioni più significative, e che tengano conto – in modo particolare – della fattibilità agronomica dell’asportazione dei residui, oltre che dei costi da sostenere per renderli disponibili alla bocca degli impianti. E’ infatti noto che almeno una parte di questi residui, attraverso la naturale trasformazione in loco, gioca un ruolo necessario per il mantenimento del corretto equilibrio dell’ecosistema. In ogni caso, sul fronte delle disponibilità delle biomasse, lo studio mette in luce i seguenti dati: • tenendo conto dell’attuale stato delle cose (parziale impiego dei residui, ridotta utilizzazione dei boschi ecc.), il quantitativo di biomassa non utilizzato è dell’ordine di 11,8 milioni di tonnellate l’anno (Mt/a) di sostanza secca (vedasi Tabella 1.1 a fine sommario); • il potenziale massimo disponibile nel settore agro forestale è pari a 25,2 Mt/a di sostanza secca; • il settore agro – industriale e quello del mobile, dal canto loro, potrebbero mettere a disposizione ulteriori 6 Mt/a di residui “vergini”, intendendo con tale termine materiali di origine vegetale senza aggiunta di sostanze chimiche, quali preservanti, colle ecc. e quindi rispondente alla definizione di biocombustibile solido; si stima che almeno il 50% di tale materiali sia già impiegato per usi energetici.

I residui agro forestali sono, come noto, molto dispersi sul territorio. In molte situazioni ciò rende difficile, da un punto di vista tecnico – economico, la loro raccolta ed il loro utilizzo. La produzione industriale di energia elettrica – in base a quanto si riscontra dalle iniziative già completate o in fase di realizzazione – richiede infatti la concentrazione del materiale presso centrali caratterizzate da taglie tipiche variabili tra 5 e 20 MW elettrici. Considerando la taglia intermedia di 10 MWe come base di riferimento per le valutazioni e limitando a 20 km il raggio massimo di raccolta della biomassa, lo studio ha stimato che la quantità di biomassa globale (residui agro forestali e industriali) effettivamente utilizzabile possa ammontare a circa 10 Mt/a. Resterebbero escluse in particolare le aree dove la densità di biomassa è insufficiente per garantire, entro il raggio suddetto, le quantità richieste dall’impianto considerato. Il dato indicato non tiene però ancora conto delle già citate problematiche agronomiche connesse con l’asportazione totale dei residui agricoli nelle aree di interesse. Queste ed altre considerazioni di diversa natura consigliano di ridurre ulteriormente la massa di riferimento a circa 5,5 Mt/a, avendo ipotizzato che solo il 50% della biomassa residuale di origine agricola sia asportata e che la parte rimanente venga lasciata sui campi in modo da preservare il contenuto di sostanza organica nei suoli. Tale valore consentirebbe allora di prevedere una produzione dell’ordine di 5 TWh/a di energia elettrica, cui corrisponderebbero impianti per circa 680 MWe installati. Questo risultato, da verificare con ulteriori approfondimenti, si differenzia da altre valutazioni che ritengono possibile l’operatività di 2.000-2.500 MWe. Risultano in ogni caso concrete le prospettive di sviluppo attraverso il potenziamento delle attività forestali o il decollo delle coltivazioni energetiche, come ad esempio viene prospettato da documenti programmatici quali il “Libro Bianco per la Valorizzazione Energetica delle Fonti Rinnovabili” recepito dal CIPE. Queste opportunità, comunque, richiedono interventi strutturali molto importanti che devono essere perseguiti nel tempo con una chiara politica di settore. Per quello che riguarda i soggetti potenzialmente interessati alla produzione di energia elettrica, infine, lo studio evidenzia come le relative tipologie siano diverse e articolate. All’interno delle diverse categorie, a parte pochissime eccezioni, si delinea la naturale tendenza a conseguire – in ogni caso – dei risultati validi sotto il profilo economico. Rispetto al passato, tuttavia, oggi sono maggiormente valorizzati alcuni aspetti (es.: immagine “verde”), che sicuramente rendono meno rigida l’attenzione verso il classico ed arido rapporto costi/benefici. E’ peraltro da rilevare che l’esperienza attuale rivela che questi fattori giocano, alla resa dei conti, un ruolo ancora marginale. Lo studio evidenzia come gli aspetti a cui sono sensibili i soggetti con maggiore probabilità di successo siano sostanzialmente due: • approvvigionamento della biomassa a costi contenuti • possibilità di un impiego produttivo del calore disponibile ai prezzi di mercato del riscaldamento civile. La prima condizione è un fattore chiave anche in presenza di una buona valorizzazione dell’energia elettrica prodotta e spinge a prediligere quelle situazioni dove la concentrazione delle biomassa è già elevata per motivazioni diverse da quelle energetiche (esempio: industria con grandi quantità di residui disponibili).

La seconda condizione è strategica per conseguire buone prestazioni economiche anche in presenza di investimenti elevati. Conseguentemente, i soggetti più interessati saranno proprio quelli che – per diverse ragioni – usufruiranno di queste opportunità. Rimane comunque di straordinaria importanza per l’evoluzione di questo settore il livello di incentivazione che sarà riservato alle fonti rinnovabili e, forse maggiormente, la sua stabilità nel tempo Link al documento di riferimento: Link A0-022188.

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