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rapporti - Rapporto di Sintesi

Valutazione finale sulle reali prospettive della tecnologia WTE (Waste To Energy) nel sistema elettrico italiano.

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Valutazione finale sulle reali prospettive della tecnologia WTE (Waste To Energy) nel sistema elettrico italiano.

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 12:49 pm

Il processo di incenerimento dei rifiuti con recupero di energia risponde in via prioritaria alla necessità di eliminare la gran mole di rifiuti prodotti secondo una tecnologia moderna e controllata anche dal punto di vista dell’impatto ambientale, e può costituire un contributo energetico importante nel contesto nazionale (incenerendo la totalità dei RSU prodotti si potrebbero sostituire circa 5 gruppi termoelettrici da 300 MW ciascuno), soprattutto perchè i rifiuti sono classificati tra i combustibili rinnovabili e pertanto contribuiscono favorevolmente al contenimento delle emissioni di CO2. Inoltre l’obiettivo indicato dal CIPE sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, consiste nel raggiungimento, per tale via, del 25% dell’energia prodotta in Italia, e questo comporta uno sviluppo consistente di tutto il settore delle fonti rinnovabili, e per quanto riguarda i rifiuti, richiede di incrementare la produzione di energia di oltre un ordine di grandezza. Per raggiungere gli obiettivi delineati è evidentemente necessario, oltre alla costruzione di nuovi impianti, che la disponibilità, l’affidabilità, il rendimento e la compatibilità ambientale dei moderni forni di incenerimento siano al top di quanto la tecnologia può offrire e diventa perciò prioritario affrontare il tema della disponibilità di materiali che garantiscano tali prestazioni agli impianti, essendo la corrosione la principale causa di indisponibilità di questi ultimi. Di conseguenza si è ritenuto importante focalizzare l’attuale Linea di ricerca verso la qualifica del comportamento a corrosione di materiali avanzati di possibile applicazione nel settore in oggetto, lo sviluppo di tecnologie di deposizione di rivestimenti anticorrosivi, la progettazione di nuovi sistemi di diagnostica e monitoraggio. In parallelo lo studio è anche stato indirizzato verso processi di incenerimento dei rifiuti di tipo innovativo che in linea di principio consentano rendimenti più elevati, emissioni più pulite e contenimento dei costi di produzione, quali la gassificazione e la cocombustione con combustibili tradizionali in caldaie termoelettriche, e cicli combinati "ibridi". L’esame della letteratura tecnica unitamente ai risultati ottenuti mostrano che la resistenza dei materiali è riconducibile alla possibilità di formazione sulla loro superficie di uno strato d’ossido e di prodotti di corrosione con caratteristiche protettive e questo comporta la necessità di ricorrere a materiali legati o all’applicazione di un rivestimento esterno adeguato. Entrambe queste contromisure della corrosione fanno affidamento sulla presenza in lega di elementi “oxide formers” quali Cr, Al Si, ma soprattutto sulla presenza di Ni; il tenore dei diversi elementi dipende dal tipo di ambiente gassoso: laddove prevale il ruolo del contenuto in Cl del gas di combustione conviene senz’altro far ricorso a leghe con tenori elevati in Ni, mentre in ambienti riducenti e con presenza di S conviene aumentare il contenuto in Cr della lega.

Il diverso livello di Cl, S e ossigeno nell’ambiente gassoso favoriscono l’instaurarsi di condizioni di attacco di tipo differente, anche in dipendenza della lega esposta. Sono stati provati acciai inossidabili, leghe con tenori diversi di Cr, Ni e Mo fino alla superlega In 625, e rivestimenti in Cr/Ni e In 625 realizzati dal CESI con tecniche diverse. I risultati mostrano che su tutti i materiali si forma una scaglia costituita da più strati; verso l’esterno a contatto con l’ambiente gassoso si registra un arricchimento in S, Fe e Ni, mentre nello strato più interno si ha un aumento di Cr e ossigeno. Il rivestimento in Cr/Ni presenta un buon comportamento in ambiente riducente, mentre al contrario lo stesso tipo di deposito in ambiente di inceneritore, e pertanto ossidante, presenta un comportamento fortemente influenzato dal processo di deposizione impiegato. E’ da sottolineare in ambiente di inceneritore la buona prestazione del ricoprimento di In 625, deposto sia mediante HVOF che laser. In merito allo sviluppo di tecnologie di deposizione di rivestimenti protettivi sono stati considerati i processi HVOF (High Velocity Oxi-Fuel), torcia a fiamma con sigillatura, arco schermato e laser. A seguito delle prove di corrosione a caldo in ambienti che simulano quelli d’esercizio per le caldaie di incenerimento di rifiuti o di produzione di energia con combustibili poveri, le tecnologie di applicazione più adeguate, in termini sia di prestazioni tecniche che di costo, sono risultate il riporto laser e l’HVOF e pertanto queste ultime sono state ottimizzate. Oltre alle già citate caratterizzazioni a corrosione, sono anche state svolte prove tecnologiche (prove di piega) su riporti laser e HVOF di IN625 applicati a tubi di surriscaldatori lineari per simulare la realizzazione di raccordi e curve del serpentino. Le prove hanno dimostrato che il tubo rivestito e successivamente piegato nel caso del riporto laser non presenta alcuna difettologia (cricche, distacchi), mentre nel rivestimento HVOF si verificano delaminazioni e distacchi. Il riporto laser di IN625 risulta perciò il rivestimento più idoneo per i tubi SH degli inceneritori di rifiuti, in quanto unisce l’alta resistenza alla corrosione alla possibilità di realizzare la protezione sull’intero banco costituito da più serpentini. In merito agli studi di processo, la gassificazione dei rifiuti presenta alcuni vantaggi che la rendono molto interessante dal punto di vista tecnologico, ma anche limiti che attualmente ne hanno contenuto la diffusione. Dal punto di vista del processo termochimico, si realizza un intimo contatto, grazie alla turbolenza, tra CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti), sabbia (che svolge la funzione di vettore termico), eventuali sorbenti per l’abbattimento di inquinanti e aria con i vantaggi relativi conseguenti che consistono in uniformità della temperatura, elevate velocità di combustione, rendimenti di combustione elevati e temperature del gas sufficientemente alte (900 °C) da consentire un’elevata efficienza di distruzione dei rifiuti; il rendimento globale del ciclo integrato può raggiungere e anche superare il 40%, mentre negli inceneritori di RSU convenzionali difficilmente supera il 20-25%. Il processo inoltre minimizza la formazione di ceneri che, nei letti ricircolati, sono alimentate nuovamente al gassificatore per una più completa combustione grazie all’aumento del tempo di contatto

che si raggiunge (superiore di un fattore tre-quattro a quello ottenibile negli inceneritori convenzionali). La decomposizione termica del rifiuto produce un gas di sintesi in volumi più contenuti rispetto ai gas prodotti in un inceneritore convenzionale, e questo favorisce, anche dal punto di vista economico, la successiva purificazione; il syngas può quindi essere utilmente utilizzato come combustibile o come gas di processo nell’industria chimica. Lo studio ha affrontato appunto il tema dell’impiego di questo "Lean gas" come gas di reburning per l’alimentazione di caldaie con tecnologia low-NOx. Si è constatato che il miscelamento del gas di reburning con il combustibile impiegato è il parametro maggiormente influente ai fini del contenimento delle emissioni di NOx e di CO e pertanto l’applicazione di tale tecnologia richiede un accurato studio fluidodinamico del mixing, della distribuzione dei tempi di residenza e della curva tempo/temperatura associata. In merito alla cocombustione in impianti tradizionali, sono stati caratterizzati in termini di combustibilità, indici di fouling e slagging, formazione e mobilizzazione di micro-inquinanti, oltre al già citato CDR, anche il granulare di pneumatico, il legno proveniente da demolizioni e i fanghi biologici. Per quanto riguarda i cicli ibridi la ricerca ha esaminato, sotto gli aspetti termodinamici, tecnologici, economici e ambientali una soluzione impiantistica innovativa, basata sull’utilizzo combinato di turbine a gas (alimentate a gas naturale) e di forni di incenerimento di rifiuti (con particolare riferimento ai rifiuti solidi urbani e alla tecnologia dei forni a griglia). Infine, partendo da una segnalazione avuta nell’ambito di contatti con esperti olandesi sulla possibile presenza di radioattività nei depositi della caldaie di impianti di generazione termoelettrica, in presenza di condizioni di combustione riducente, e di impianti di gassificazione, è stata condotta un’indagine e si sono effettuate verifiche radiometriche su un campione di deposito prelevato da un tubo proveniente da un impianto termoelettrico nazionale, anche avvalendosi della collaborazione con il Politecnico di Milano. E’ stata rilevata la presenza di quantità misurabili di Piombo 210, peraltro a livelli inferiori sia a quelli riscontrati dai colleghi olandesi sia alle soglie di radioattività prescritte dal D.L. del 26/5/2000. Gli studi eseguiti hanno pertanto permesso di acquisire: • conoscenze aggiornate su materiali e rivestimenti avanzati in grado di esibire una migliore resistenza all’ambiente aggressivo di impianti di termovalorizzazione di rifiuti, permettendo recuperi termici più spinti e quindi rendimenti globali più interessanti; • i parametri valutativi per l’impiego del gas di sintesi come "lean reburning" in caldaie termoelettriche; • la conoscenza dei parametri necessari per la scelta e l’impiego di combustibili alternativi miscelati con quelli tradizionali, in parziale sostituzione di questi ultimi; • la conoscenza dei parametri termodinamici dell’integrazione di impianto di incenerimento di RSU e di turbine a gas di taglia diversa, delle tematiche gestionali di tali impianti combinati anche in

termini di compatibilità ambientale e della loro competitività economica alla luce dell’attuale quadro tariffario. I primi beneficiari dell’attività di ricerca saranno pertanto gli operatori nel settore della termovalorizzazione dei rifiuti, che con l’adozione di nuovi materiali e rivestimenti protettivi potranno gestire gli impianti in condizioni di maggior affidabilità e disponibilità, incrementando nel contempo il recupero energetico, e quindi il ritorno economico, degli impianti stessi. La possibilità tecnologica della cocombustione di combustibili derivati dai rifiuti con combustibili tradizionali, potrà consentire anche agli operatori del settore termoelettrico di trarre interessanti vantaggi dall’attività svolta, in considerazione del risparmio di combustibile pregiato a fronte dell’impiego di combustibili più economici e classificati come rinnovabili; per contro le caratteristiche di questi combustibili richiedono una maggior attenzione operativa onde evitare fenomeni di sporcamento indesiderati e assicurare emissioni gassose in linea con gli standard autorizzati. L’adozione di materiali e/o rivestimenti più idonei a sopportare le gravose condizioni corrosionistiche imposte agli impianti permetterà anche lo sviluppo del settore dei costruttori di tali manufatti.

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