Nel rapporto viene illustrato un approfondimento dei risultati ottenuti nell’ambito delle attività del triennio 2015-2017 sul tema dell’impronta idrica del mix elettrico italiano. Tra gli aspetti metodologici meritevoli di approfondimento emersi dai risultati del triennio 2015-2017, vi è quello dell’influenza di alcuni dati sulla valutazione complessiva. Pertanto si è deciso di focalizzare l’attenzione proprio sulla sensibilità dei risultati all’utilizzo di dati primari (in luogo di quelli di letteratura contenuti nelle banche dati LCA).

In primo luogo, vengono presi in considerazione alcuni dati di input significativi (efficienza impianti, mix di import del combustibile, sistemi di raffreddamento), per valutarne la relativa influenza.

Viene poi affrontata la questione della dimensione geografica dei dati. Se è vero che gli aspetti relativi alla localizzazione dei processi giocano un ruolo importante anche nella valutazione delle categorie di impatto tradizionalmente utilizzate nelle LCA (es: impatti dei trasporti, o dei mix energetici nazionali dei luoghi di produzione di un prodotto), gli stessi diventano centrali nella valutazione dell’impronta idrica, in virtù della rilevanza della dimensione geografica insita nella metodologia. Tra i dati presi in considerazione per la valutazione dell’impronta idrica, la corretta localizzazione geografica dei processi rappresenta, spesso, una criticità. Attraverso un esempio sul mercato dei bioliquidi viene, dunque, testato l’effetto che diverse localizzazioni geografiche (di alcuni specifici processi) hanno sui risultati in termini di water scarcity footprint.

I risultati di tale approfondimento confermano la rilevanza dei dati presi in considerazione, soprattutto nel caso di confronti tra diverse tecnologie o filiere di approvvigionamento.