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Impatto radiologico della produzione geotermoelettrica

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Impatto radiologico della produzione geotermoelettrica

Dato il crescente interesse per le fonti rinnovabili, è stato valutato il potenziale impatto radiologico di una tipica installazione per la produzione di energia elettrica da fonte geotermica basandosi su una indagine bibliografica e valutazioni sulle esperienze italiane ed internazionali di rilasci di gas radioattivi. In particolare è stata analizzata le concentrazione di Radon che è il radionuclide che causa il maggior impatto radiologico sull’uomo.

Dato il crescente interesse per le fonti rinnovabili, si è deciso di valutare il potenziale impatto radiologico di una tipica installazione per la produzione di energia elettrica da fonte geotermica basandosi su una indagine bibliografica sulle esperienze italiane ed internazionali di rilasci di gas radioattivi. Dall’analisi del contenuto di inquinanti delle emissioni in atmosfera si è visto che il Radon è il radionuclide che causa il maggior impatto radiologico sull’uomo ed in particolare si è individuato nel 222Rn l’isotopo in concentrazione maggiore a causa del maggior tempo di decadimento rispetto agli altri isotopi. La concentrazione di Radon nel fluido dipende dalla concentrazione di Radio (progenitore) nelle rocce del serbatoio, dalla porosità delle rocce e dalle caratteristiche chimico-fisiche del fluido geotermico oltre che dal tempo necessario per arrivare in superficie. Il vapore geotermico in uscita dalle turbine per la generazione di energia elettrica, dopo il passaggio nei condensatori, rilascia in atmosfera i gas incondensabili come il Radon. Utilizzando un modello di dispersione gaussiano delle emissioni, l’attività del Radon è presentata in funzione della distanza dal camino a secondo delle condizioni atmosferiche, della velocità del vento e della diversa altezza dei camini. Dato che il Radon è un gas inerte, quando viene inalato, viene in buona parte anche esalato ma i suoi prodotti di decadimento, essendo metalli pesanti, rimangono depositati negli alveoli polmonari. Emettendo particelle alfa, irradiano le cellule causando danni alla salute, principalmente cancro polmonare. Studi epidemiologici condotti sui lavoratori di alcune miniere di uranio raccolti da ICRP (International Commission on Radiological Protection) e dal WHO (World Health Organisation) hanno condotto alla definizione di una dose di riferimento di 10 mSv/anno sopra la quale non è consigliabile stare. Considerando il danno causato da Radon e dalla sua progenie, si è valutato come valore di riferimento di concentrazione di Radon tra i 200-400 Bq/m3 che coincide con la soglia utilizzata dalla normativa per abitazioni, sopra la quale si consigliano interventi di condizionamento dell’ambiente. Studi sull’impatto radiologico condotti in USA hanno rivelato che il contributo all’inquinamento da Radon dato dagli impianti geotermici non è distinguibile dal fondo naturale dato dall’emanazione dal terreno. Valutazioni analoghe sono state fatte per gli impianti di Larderello in Italia utilizzando i dati di concentrazione di Radon misurati ed applicando un modello di dispersione Gaussiano. Nonostante i dati di concentrazione nel fluido siano maggiori di quelli misurati negli impianti statunitensi, la dispersione in atmosfera comporta una diluizione tale da non superare i limiti di riferimento nelle condizioni atmosferiche più probabili. In conclusione si può affermare che l’impatto radiologico dato dagli impianti geotermici, considerando una ragionevole effetto di dispersione, non è distinguibile dal fondo naturale Il livello di Radon contenuto nei fluidi geotermici non è facilmente predicibile, per cui per nuovi impianti occorre fare misurazioni e previsione di dispersione di inquinanti per valutarne l’impatto sulla salute.

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