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Studi sull’applicazione di materiali compositi con fibre di carbonio per il consolidamento di elementi in cemento armato contaminati da cloruri

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Studi sull’applicazione di materiali compositi con fibre di carbonio per il consolidamento di elementi in cemento armato contaminati da cloruri

Recently updated on Aprile 7th, 2021 at 12:49 pm

La necessità di effettuare interventi di recupero sulle opere in calcestruzzo armato soggette a degrado da corrosione è sempre più sentita, in relazione all’invecchiamento delle strutture, anche nel settore della produzione dell’energia elettrica, dove peraltro si verificano spesso condizioni di notevole aggressività. Un intervento di recupero funzionale e duraturo deve essere progettato non solo per risanare le parti degradate della struttura, ma anche per prevenirne il successivo danneggiamento. Per questo motivo è necessario ripristinare le condizioni di protezione sulla superficie delle armature e consolidare la struttura per rimediare ai danni subiti. Il primo obiettivo può essere garantito sostituendo il calcestruzzo aggressivo nei confronti delle armature con un nuovo materiale cementizio, in grado di aderire correttamente al calcestruzzo e di proteggere le armature per la vita residua della struttura. Il consolidamento della struttura può essere conseguito applicando sulla superficie del calcestruzzo elementi ad alta resistenza meccanica. Per il rinforzo flessionale si incolla il rinforzo nella zona della struttura soggetta a sforzi di trazione, mentre nel caso del confinamento a compressione o del rinforzo a taglio si ricorre alla fasciatura degli elementi (wrapping). Da alcuni anni è aumentato l’interesse per i materiali compositi fibrorinforzati a matrice polimerica, in sostituzione delle piastre d’acciaio; questi materiali sono caratterizzati da basso peso, facilità di applicazione e non sono soggetti a corrosione. Tuttavia, la breve esperienza disponibile sul comportamento a lungo termine dei rinforzi con compositi richiede lo studio della loro durabilità. A tale scopo è stata realizzata, nell’ambito del Progetto ASISGEN (“Affidabilità e Sicurezza dei Sistemi di Generazione”) – Sottoprogetto DEGRADO (“Valutazione del danno, previsione della sua evoluzione e metodologie di ripristino nelle infrastrutture in cemento armato”), un’attività di ricerca in collaborazione con il Politecnico di Milano, che ha riguardato lo studio della durabilità degli interventi di recupero delle opere in c.a. danneggiate da corrosione che necessitano del ripristino del calcestruzzo e del rinforzo con CFRP. Il lavoro si inserisce in un progetto di ricerca per lo studio delle tecniche di recupero e di consolidamento delle strutture in c.a. Inizialmente sono state definite le tecniche di diagnosi e di scelta dei materiali per il ripristino delle strutture danneggiate dalla corrosione da carbonatazione o da cloruri [1], quindi si è studiata la durabilità degli interventi di consolidamento del calcestruzzo mediante CFRP (Carbon Fiber Reinforced Polymers) [2],. Nell’ambito della ricerca in oggetto si sono effettuate prove per valutare l’effetto dell’ambiente sulla struttura composita costituita dal calcestruzzo, dalle armature originali, dalla malta da ripristino e dal composito applicato esternamente; sono state proseguite le prove, cominciate in [2], per valutare gli effetti a lungo termine sul rinforzo strutturale; si è studiata l’adesione fra sistemi epossidici e diversi tipi di substrati cementizi; si sono valutate, con osservazioni su campioni confezionati in [1], soggetti a carbonatazione o penetrazione dei cloruri, le condizioni di corrosione delle armature immerse in diversi materiali. Le prove effettuate hanno evidenziato come le prestazioni del rinforzo flessionale con lamina in CFRP possano alterarsi nel tempo. Le zone critiche sono rappresentate dagli estremi della lamina, in corrispondenza dei quali si può innescare un distacco che può propagare durante i cicli di carico. Il raggiungimento delle condizioni critiche dipende dai fattori ambientali e dalle condizioni di sollecitazione meccanica. A temperature elevate (40°C) si è osservata una rapida perdita di prestazioni dell’adesivo strutturale al crescere dell’umidità ambientale che si è manifestata con il distacco della lamina in composito, a partire dagli estremi della lamina, vale a dire dalla zona in

cui sono massimi gli sforzi di taglio che si trasferiscono nell’adesivo. L’efficacia del rinforzo dipende anche dal materiale su cui è applicato. La malta cementizia, meno rigida del calcestruzzo, trasmette alla lamina minori sollecitazioni non provocandone il degrado nemmeno in ambiente caldo e umido. Il confinamento a compressione con tessuto in fibra di carbonio, si è dimostrato più resistente nei confronti di diverse condizioni di aggressività ambientale; tuttavia, ad elevate temperature, dopo due anni di prove, si è riscontrato un calo crescente dell’efficacia del rinforzo al crescere dell’umidità relativa. Le malte da ripristino hanno mostrato di garantire un’elevata resistenza sia alla carbonatazione, sia alla penetrazione dei cloruri e quindi di poter offrire una duratura protezione alle armature.

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